La riforma del Senato, strappo alla Costituzione
Con la votazione del testo, senza più discussione né voti su emendamenti, si conclude l'iter della riforma del Senato. La scena della prima seduta parla da sola: i banchi semivuoti, tutte le opposizioni assenti. È l'esatto contrario di ciò che avrebbe voluto il legislatore costituente, anche con l'articolo 138: modifiche apportate con largo consenso e non con una semplice maggioranza di Governo.
Si conclude così un lungo e triste cammino. Dico triste perché una vera e approfondita discussione di merito non c'è stata e ciò che colpisce è la povertà degli argomenti addotti proprio dai sostenitori della riforma.
In una precedente seduta, definita “cruciale”, si sono approvate alcune modifiche, per venire incontro – si è detto – alle opposizioni e soprattutto alla minoranza del PD. Ma le modifiche sono state assolutamente inconsistenti anche se poi hanno ricevuto l'approvazione.
Mi soffermo solo un momento sul famoso art. 2, oggetto di tante controversie e relativo alla “elezione” dei futuri Senatori. La semplice lettura del nuovo e definitivo testo lascia basiti. Si è aggiunto che i senatori saranno eletti “in conformità della scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge, di cui al 6° comma”. Si va al comma 6 e si scopre che le modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato fra consiglieri e sindaci saranno determinate da una legge approvata da entrambe le Camere.
Dunque, uno dei punti principale della riforma, che dovrebbe costituire addirittura un evento storico è rinviato alla legislazione ordinaria. Fino ad allora il cittadino interessato non saprà in cosa consiste la elettività dei senatori e tanto meno quale sia il significato di quella frase, effettivamente un po' “vaga”, che vuole che i senatori siano eletti “in conformità delle scelte espresse dagli elettori”. Si è mai visto nulla di simile in materia costituzionale? E coloro che votano tranquillamente questa riforma, si rendono conto che stanno votando su un guscio vuoto proprio in uno degli aspetti fondamentali? Era solo un esempio.
Comunque, varata la riforma, si passerà al referendum, che si svolgerà, a quanto pare, in ottobre.
Peraltro non bisogna aspettare fino ad ottobre, ma bisogna muoversi subito per informare e chiarire ai cittadini, che dovranno votare con cognizione di causa. Avviamo insomma, la campagna referendaria nella quale, ha detto il Presidente del Consiglio, che “non si parlerà solo di contenuti”. E di cosa altro allora? Noi non votiamo per la sopravvivenza del Governo o per la sua caduta; ci impegniamo, con tutte le nostre forze, per cercare di impedire uno strappo alla Costituzione, che è anche uno strappo alla democrazia, o quantomeno, alla rappresentanza ed al completo esercizio della sovranità popolare.
E sia chiaro: la battaglia può anche essere impegnativa, ma è tutt'altro che invincibile; e noi vogliamo vincere il referendum perché crediamo sia giusto e corrispondente alla volontà dei Costituenti. Per questo, dunque, da domani, anzi da oggi, tutti al lavoro!
Carlo Smuraglia, presidente nazionale Anpi
Leggi anche il documento del Comitato nazionale del 21 gennaio scorso diffuso dopo un'ampia discussione sulla riforma del Senato e la legge elettorale e sulla proposta di aderire ai Comitati referendari già costituiti. Documento con il quale L'ANPI si schierava per il referendum popolare, per dire “no” alla legge di riforma del Senato ed alla legge elettorale.