Teresio Mandelli
Ultimo di una famiglia di cinque figli – che abitava a Prato Centenaro, una frazione del comune di Greco prima che fosse assorbito dalla metropoli – Teresio era stato messo in collegio. Qui il ragazzino aveva imparato a suonare nella banda dell'istituto. Nelle festività non perdeva occasione di tornare a "Prato", da uno zio che abitava alla "Cort de la malpensada", una grande cascina ora scomparsa, e dove aveva molti amici. Per questo, dopo la Liberazione, i comunisti di Prato Centenaro gli hanno intitolato una Sezione, poi divenuta sede dei Democratici di sinistra col nome di "Mandelli-Bicocca". Di Teresio Mandelli è rimasta la memoria tra gli anziani della zona e, oltre a qualche foto, un bracciale della sua formazione partigiana e una Croce al merito di guerra, conservati da una delle sorelle. La guerra Mandelli l'aveva fatta come tanti della sua classe e l'armistizio dell'8 settembre 1943 l'aveva sorpreso in Croazia. Era rientrato fortunosamente a Milano; nel quartiere di Niguarda era entrato in contatto con la locale organizzazione comunista clandestina e di lì aveva preso la via della montagna. In Valsesia Mandelli diventa partigiano delle "Garibaldi" di Cino Moscatelli e già dal febbraio del 1944 combatte nella VI Brigata d'assalto "Gramsci". È uno dei trecento uomini che, comandati da Eraldo Gastone (Ciro), con azioni di guerriglia, imboscate e colpi di mano, danno un gran filo da torcere agli occupanti tedeschi e ai fascisti nostrani che li appoggiano. Il 5 aprile del 1944 i tedeschi organizzano un grande rastrellamento che investe la Valle Sermenza, Anzago, Antrona, Mastellone e Strona. Gli uomini della "Gramsci" reagiscono con fulminee, continue azioni di guerriglia. Per due settimane i partigiani fanno fronte al nemico, sino a che sono costretti a scendere verso Binasco per approvvigionarsi. Con pochi uomini, tra cui Mandelli, Gastone si sta dirigendo verso Madonna delle Ferrate, quando s'imbatte in un'intera compagnia del battaglione fascista "Pontida". Lo scontro è violentissimo. Mandelli, ferito a una gamba, non riesce a sottrarsi alla cattura. I fascisti sottopongono il ferito ad un interrogatorio durissimo, ma lui non parla, così come non parlano i suoi compagni di lotta Giusto Caligaris ed Ettore Ottolina, catturati nella stessa circostanza. Saranno tutti tre fucilati a ridosso del cimitero di Rimasco e i loro cadaveri lì abbandonati.