Mario Prevedello
Nel 1920 si era iscritto al PSI ed aveva iniziato un'intensa attività politica e didattica, fondando a Mestre una "Università popolare" che, la sera, era frequentata soprattutto da operai. L'attività di Prevedello fu osteggiata dai fascisti, tanto che l'insegnante fu costretto a sospendere i corsi. Trasferitosi a Treviso per insegnare in quell'Istituto tecnico, i fascisti lo presero di mira per il suo orientamento politico. Nonostante le aggressioni e le percosse Prevedello, non rinunciò alle sue idee. Nel maggio del 1940 l'insegnante fu chiamato alle armi. Rientrato a Treviso dopo alcuni mesi di servizio militare, riprese l'attività politica tra gli studenti e gli artigiani della città, organizzando "cellule" di antifascisti, diffondendo materiale di propaganda. Entrato in contatto col comunista Concetto Marchesi, ne appoggiò l'attività nel Veneto sino a che, nel luglio del 1943, Prevedello fu arrestato. Restò in carcere (prima a Treviso e poi a Trieste), sino alla caduta di Mussolini. Scarcerato, Prevedello aderì al Partito comunista e, dopo l'armistizio, prese parte alla Guerra di liberazione. Attivo nelle formazioni partigiane del Cadore col nome di copertura di "Martino", fu nominato capo di stato maggiore della Delegazione delle Brigate Garibaldi per il Veneto. Successivamente, Prevedello divenne vice comandante del Comando unificato regionale delle Tre Venezie. Dopo la Liberazione tornò all'insegnamento e all'attività politica, ma nelle elezioni del 1948 rifiutò la candidatura al Senato che gli era stata proposta dal PCI, dal quale si allontanò gradualmente. Nei primi anni Cinquanta fu capolista per il PSI nelle amministrative di Treviso, ma in seguito si ritirò completamente dall'attività politica. Nel 1950 l'editore Guanda ha pubblicato, di Prevedello, una raccolta di versi (Eravamo come le foglie), scritti in carcere e durante la lotta partigiana. Nel 1961, la seconda edizione del libro ha vinto il "Premio Prato".