Gian Luigi Banfi
Fratello di Arialdo Banfi e collega di Lodovico Barbiano di Belgiojoso, faceva parte del celebre Studio di architettura BBPR, che durante il periodo dell’occupazione nazifascista fu uno dei punti di riferimento per la Resistenza milanese e per il movimento “Giustizia e Libertà”.
Arrestato a Milano il 21 marzo del 1944 col collega Barbiano di Belgioioso, Banfi, chiamato famigliarmente Giangio, è rinchiuso a Fossoli. Trasferito a Bolzano-Gries vi resta circa una settimana e poi è deportato nel lager di Mauthausen-Gusen con Belgiojoso.
Banfi non sopravvisse alle privazioni e morì alla vigilia della Liberazione. Alla moglie, che lasciava col figlioletto, aveva scritto nell’ultimo messaggio da Bolzano: “Credo di più alla fine naturale; senti il dolore di tutti che è grande come il tuo”.
Oltre che nella sigla dello Studio di architettura, il suo nome è ricordato a Milano in una strada che gli è stata intitolata.
Di Gian Luigi Banfi, parla Aldo Carpi nel “Diario di Gusen”, pubblicato nel 1993 dall’Einaudi. Scrive il compagno di pena, che lo ha assistito sino all’ultimo: “Il giorno prima di morire è sceso dal suo letto ed è venuto da me: <perché ti alzi? Riposati>, gli ho detto. Lui mi ha guardato e basta, con degli occhi, è difficile dire che occhi: certamente disumani; non c’era né dolore né terrore; erano terrorizzanti. Non terrorizzati, terrorizzanti. Poi è tornato al suo letto a castello”.