Ariè, ardito, anarchico
A Luzzara, paese natale di Cesare Zavattini, sabato 5 maggio si ricorderà attraverso i suoi versi la figura di Riccardo Siliprandi detto 'Ariè,' e con lui la storia degli Arditi del popolo.
L'antifascismo, si sa, ha una storia lunga che ha accompagnato fin dalla nascita del partito mussoliniano la storia politica e sociale italiana.
L'Emilia Romagna ha una ricca aneddottica sulle prime forme di resistenza allo squadrismo legate ai sindacati e alle case del popolo, grazie ad una tradizione socialista e anarchica che contribuì a radicare fenomeni come quello dell'arditismo, che ad esempio a Parma nel '22 respinse Balbo e le sue camicie nere.
Una memoria quella degli Arditi del popolo poco divulgata anche se non mancano importanti studi storiografici in materia.
A Reggio Emilia, e più precisamente nel comune di Luzzara, nella terra definita 'bassa' perché digradante verso il Po e le sue nebbie, si è scelto di recuperarla quella storia di passione umana e civile, di raccontare un passato che vide quei campi protagonisti di barricate anche culturali contro l'avvento del fascismo.
E proprio agli anarchici, in collaborazione con l'Anpi e il comune di Luzzara e l'Anpi provinciale, si deve il ricordo che il prossimo 5 maggio verrà tributato all'ardito, anarchico e sindacalista 'Ariè', morto per mano nera nel 1921, uno dei primi caduti della resistenza non solo emiliana.
Nel giorno dell'anniversario della morte, nella via a lui intitolata, verrà apposta una targa di marmo bianco di Carrara con incisa la poesia che il suo eminente compaesano Zavattini gli dedicò.
Un evento per ricordare non solo chi diede la vita per i propri ideali e per la libertà, ben prima che la storia fosse dalla sua parte, ma che l'antifascismo fu un pensiero trasversale alle culture politiche dell'epoca, memoria di tutti coloro che sognavano un mondo di liberi ed uguali.
Gemma Bigi
Cusa favia al dé ch'è mort Arié?
A gh'eva vint'an.
L'era un cariulant,
n'anarchic, bon c'mel pan.
Da quand chi là i cmandava
al stava lugà in dal bosc.
Lur il pungdava.
Na matina l'eva riscià
d'gn'in paes a
salutà so madar.
I l'à vest, in quatr'i gà sparà,
lasà cuntr'al mur
a sugaras
cm'en pipistrel fiundà.
(Cesare Zavattini)
Cosa facevo il giorno che è morto Ariè?/
Aveva vent'anni./Era un cariolante,/un anarchico, buono come il pane./
Da quando quelli là comandavano/stava nascosto nel bosco./ Loro lo puntavano./
Una mattina aveva rischiato/venendo in paese per/ salutare sua madre./
L'hanno visto, in quattro gli hanno sparato,/lasciato contro il muro/ a seccarsi/come un pipistrello fiondato.