"Basta con le violenza sulle donne"
25 novembre, riflessioni sulla Giornata internazionale contro la violenza sulle donne: questo il titolo di un documento messo a punto dal Coordinamento femminile Anpi che pubblichiamo qui di seguito.
Ogni anno assistiamo impotenti alla mattanza di donne che quotidianamente vengono uccise dai loro compagni, dai mariti, dagli ex mariti ed ex conviventi.
Ultima violenza: è di due giorni fa la notizia che a Sorbolo a Levante una donna è stata uccisa a martellate, davanti alla figlia, dal marito marocchino. Ultima violenza fino a quando? In altri casi recenti, secondo un copione tristemente uguale e banale, il marito è italiano.
Nel corso dell’ultima Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, il 25 novembre 2010, è stata ricordata anche Teresa Buonocore, la madre-coraggio, uccisa per aver denunciato e fatto condannare il violentatore di sua figlia.
Isoke Aikpitanyi ha scelto questa giornata per presentare l’indagine sulla tratta delle Nigeriane, costrette a partire, vendute dalle loro famiglie, per bisogno di soldi. Oltre 500 sono state uccise. I clienti comprano la possibilità di realizzare l’orrore che hanno dentro, impuniti. Bestie italiane, uomini del nostro paese, che sfogano la rabbia, gli istinti che non possono sfogare con la moglie. Dice Isoke: “Ogni nigeriana stuprata è un’italiana salvata”.
Lidia Ravera titola così un suo articolo: “Noi non violentiamo. Perché? Dice Loretta Napoleoni: “Nell’indice dell’uguaglianza tra i sessi prodotto… dal World Economic Forum il nostro paese è al 74° posto, dopo il Ghana…Quando qualcuna riesce ad arrivare in cima per professionalità, e non per le relazioni personali, spesso viene infangata. Insultare le donne perché donne è la reazione tipica dei deboli: ci si rifà su una categoria ancora più debole. Ma noi non lo siamo più e questo produce un risentimento animalesco”.
Ha detto Giancarlo De Cataldo: “L’Italia è il paese più sicuro, tranne che a casa propria”.
I numeri sono impressionanti: secondo l'Oms almeno il 70% delle donne vittime di omicidio sono state uccise dai propri partner e secondo il Consiglio d'Europa, la violenza alle donne fra i 16 e 44 anni è la principale causa di morte e di invalidità, più del tumore o degli incidenti stradali.
Rivelatore, per l’opinione pubblica italiana, è stato il Report ISTAT presentato il 21/2/07: “6 milioni 743 mila donne da 16 a 70 anni” …sono “vittime di violenza fisica o sessuale nel corso della vita…La violenza fisica è più di frequente opera dei partner..”. Dunque la famiglia, da sempre considerata luogo di sicurezza, è, in realtà, il luogo dove si consuma la gran parte delle violenze ai danni delle donne; fatto tanto più grave in quanto si viola un rapporto di fiducia e solidarietà.
Ancora l’indagine ISTAT ha evidenziato la difficoltà di raccogliere dati in materia perché solo il 7% circa delle donne denunciano violenze fisiche, psicologiche, o sessuali da partner o ex partner. Ecco un’ulteriore violenza: il silenzio.
Le relazioni internazionali ci dicono cose importanti e cioè che “la cultura maschile e le strutture di potere della nostra società non sono mutate altrettanto velocemente e profondamente quanto la soggettività femminile. (..)
Gli uomini si sentono forse minacciati dalla crescente volontà di autoaffermazione che le donne esprimono, dal rifiuto femminile della segregazione in ruoli prestabiliti” (B. Spinelli).
Sempre Barbara Spinelli parla di femminicidio, intendendo “ogni pratica sociale violenta, fisicamente o psicologicamente, che attenta all’integrità allo sviluppo psicofisico, alla salute, alla libertà o alla vita delle donne, col fine di annientarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla sottomissione o alla morte della vittima nei casi peggiori”.
Il femminicidio può dunque essere letto come esito estremo di un conflitto di generi: la maggior indipendenza acquisita dalle donne e la messa in discussione di quelli che erano i ruoli precisi che le erano riservati espongono la donna ad un rischio sempre maggiore di violenza sino alla sua uccisione.
È chiaro che la gravità della violenza sulle donne è tanto maggiore quanto minore è l’azione di contrasto messa in campo dalle istituzioni, quanto minore è la forza con cui le stesse istituzioni la combattono o la denunciano e non la condannano esplicitamente.
La società civile deve quindi fare propria questa battaglia perché non riguarda solo qualcuno e non riguarda solo una parte minoritaria della società, non riguarda le classi “deboli”, non riguarda le persone non scolarizzate, ma riguarda tutti e tutte. Perché la violenza sulle donne non è un’emergenza né un problema di sicurezza, trattandosi di violenza intrafamigliare: è quindi necessario un lavoro sulla cultura, sulla società civile che cambi la considerazione comune della donna.
La violenza sulle donne non è un problema solo delle donne, non è un problema privato, è un fatto sociale perché la promozione e la tutela dei diritti delle donne sono elementi essenziali di una democrazia.
La violenza sulle donne è nei fatti una violazione dei diritti umani universalmente riconosciuti: diritto alla vita all’integrità fisica e psicofisica e, quindi, diritto ad una vita libera ed autodeterminata, diritto quindi a sottrarsi all’annullamento della propria identità inteso come assoggettamento.
Nel “Mistero Buffo” Paolo Rossi, alla fine, parlando dei misteri d’Italia, dice: ho scoperto l’autore, posso fare il nome: sono io. Per indifferenza, mancanza di attenzione. Un richiamo alla responsabilità di ogni singolo cittadino: è l’unico modo per affrontare i problemi.
IL COORDINAMENTO NAZIONALE FEMMINILE DELL’ANPI