Antifascismo e Resistenza tra i ferrovieri
di Massimo Taborri, ANPI Roma e Lazio, 2011, pp.68
Diversamente da quanto è avvenuto in altri Paesi, la partecipazione dei ferrovieri italiani alla lotta di Liberazione è stata poco studiata. Se si escludono alcune memorie di coloro che abbandonarono gli impianti e si arruolarono in montagna e qualche studio datato, come quello di Edio Vallini del 1964 (“Guerra sulle rotaie”), dedicato alla realtà lombarda. Eppure, nel caso del Compartimento di Roma – come evidenzia nella premessa l’Autore – questo contributo, le cui radici risalgono all’ampia attività antifascista del Sindacato Ferrovieri, nei primi anni ’20 del secolo scorso, fu tutt’altro che marginale: sei ferrovieri sono finiti nelle Fosse Ardeatine, fra i quali Michele Bolgia, Medaglia d’oro al Merito Civile “alla memoria” (vedere scheda del libro “L’Angelo del Tiburtino”, in “Archivio Recensioni”, 18 ottobre 2011).
I ferrovieri partigiani italiani e, in particolare quelli romani, hanno affrontato la loro “Bataille du rail” che non è stata inferiore a quella vissuta dai compagni francesi del “maquis”, ricordata in un film di successo di René Clément.
Tanti sono gli episodi documentati, ricordati da Taborri, sull’antifascismo tra gli iscritti al Sindacato Ferrovieri, nel periodo 1920/1940. In occasione del III Congresso dei Fasci di combattimento, tenutosi nel novembre del 1921, per esempio, i ferrovieri romani furono tra i protagonisti di una delle pagine più note di resistenza popolare al regime, innescata da un episodio, lungo i binari d’ingresso alla stazione Termini che portò al blocco di alcuni convogli in arrivo con a bordo “convegnisti”, provenienti da varie parti d’Italia.
La data d’inizio del prezioso contributo alla guerra di Liberazione, da parte dei ferrovieri romani, può essere fissata con il 10 settembre 1943, quando i tedeschi il giorno prima avevano piegato la resistenza dei civili e dei militari a Porta San Paolo. Nella stazione Termini e nelle vie adiacenti ebbe luogo un estremo tentativo di difesa di un reparto di militari d’artiglieria, addetti al controllo del treno speciale riservato allo Stato Maggiore. Lo scontro con i paracadutisti tedeschi, che entrarono nella stazione, durò dalle 16,00 alle 20,00 e coinvolse un gruppo di ferrovieri – tra i quali anche il capostazione – che imbracciarono i fucili. Alla fine degli scontri, 13 le vittime tra civili e militari italiani e tedeschi.
Taborri, in particolare, ricorda l’opera del ferroviere socialista Alessandro Sideri che, per primo, nello scalo di Roma Tiburtina, aveva iniziato un’opera di reclutamento e di attività clandestina, fin dal settembre-ottobre del ’43. In breve tempo furono costituite, nei diversi impianti di Roma, dieci squadre, ciascuna con un capo. Il lavoro di sabotaggio condotto da questi ferrovieri, scrupolosamente documentato, fu giornaliero e articolato, a seconda della natura dell’impianto e delle funzioni di ciascuno.
Tra i ferrovieri degli scali merci e delle stazioni, soprattutto a Tiburtina, l’attività di sabotaggio riguardò la rottura degli scambi di manovra, lo scalzamento di traverse, ma anche l’insabbiamento delle boccole e delle ruote dei treni, soprattutto di trasporti militari tedeschi, taglio dei tubi della condotta dei freni, taglio dei fili delle linee aeree. Nelle Officine di San Lorenzo, Smistamento e Trastevere, l’attività di sabotaggio di operai e tecnici riguardò la manutenzione del materiale rotabile con riparazioni ai veicoli sistematicamente ritardate e asportazione di componenti di locomotive e di automotrici. Per bloccare il nodo ferroviario, nel marzo del 1944, un macchinista fece deragliare una locomotiva sui binari di Roma Tuscolana.
In un articolo per “Patria Indipendente” (23 maggio 1954), Alessandro Sideri ha scritto che il gruppo dei ferrovieri socialisti operò alle dirette dipendenze del Comando “Brigate Matteotti”, con la guida “geniale e animosa” di Sandro Pertini e poi di Eugenio Colorni, caduto in un agguato.
Sideri ha ricordato che fra le azioni di maggior rilievo compiute merita di essere segnalata quella della squadra di Roma Ostiense che, il 18 febbraio 1944, fece saltare tre vagoni di esplosivi tedeschi. La squadra di Roma Trastevere, riuscì, invece, con un’arrischiata azione, a rovesciare nel fiume un vagone di munizioni tedesche. La squadra di Roma Tiburtina, una delle più attive, malgrado la stretta sorveglianza delle sentinelle tedesche, riuscì a liberare circa 350 deportati dal Meridione, stipati in carri bestiame, in transito verso i campi di concentramento.
Sideri ha anche riportato che, il giorno precedente la liberazione di Roma, dopo aver tolto nella notte le mine poste dai tedeschi al ponte del km 10 della linea Roma-Viterbo, cadeva in una imboscata Roberto Luzzitelli, Medaglia d’Argento partigiana.
“Quando si conchiuse, dopo nove mesi, questa diuturna battaglia, – a chiusura dell’articolo, ha annotato Sideri – i ferrovieri romani si conoscevano come compagni di trincea e nelle prime aperte riunioni nella città liberata e imbandierata era come un ritrovarsi tra visi tutti noti e amati; perché una grande famiglia era veramente nata in quei mesi, e la Patria era tornata a essere qualcosa per cui ci si abbracciava piangendo per le strade”.
Massimo Taborri, romano, è macchinista di Trenitalia dal 1979. Laureato in Storia Contemporanea è tra gli Autori di “Lavoro e identità. I cento anni del sindacato ferrovieri (1907/2007)”.