Democrazia in diretta
di Nadia Urbinati, Feltrinelli, 2013, pp.200, euro 18,00
In Ungheria il primo ministro fa approvare una riforma che restringe libertà e diritti civili; in Islanda i cittadini ricorrono al sorteggio per eleggere un’assemblea che riscriva la Costituzione; in Italia un movimento cerca con il web di trasportare la democrazia “in diretta”, all’interno della democrazia rappresentativa. Si tratta soltanto di una delle metamorfosi che questa forma politica ha conosciuto nella sua storia?
Nadia Urbinati parte dall’analisi delle mutazioni in atto, per capire come sia possibile realizzare oggi la promessa democratica di tenere assieme uguaglianza e libertà politica.
La democrazia moderna ha oscillato tra il rischio di degenerazione oligarchica delle sue leadership elette e l’impossibilità di garantire a tutti lo stesso diritto di contare o una uguale opportunità di voce. Dall’antica polis ateniese, fino al contemporaneo “videopopulismo”, la democrazia è sempre stata in perpetuo movimento. E, proprio per questo, equipaggiata a superare le fasi di transizione. Perché, fondata su quell’unità di concrete diversità che è la sovranità del popolo, ha dovuto affrontare una serie di paradossi, “inventando” periodicamente nuove procedure e aggiornamenti nelle istituzioni.
Per Nadia Urbinati, la democrazia cambia di segno con l’avanzare della politica web-diretta, la quale fa rinascere, trasformandolo, il mito dell’autogoverno diretto (la promessa democratica dell’autonomia), con il rischio tuttavia di generare forme politiche identitarie, demagogiche o populistiche. Modi di fare politica che escludono e discriminano, che gettano le basi, come in Ungheria, di una “tirannia” della maggioranza. Ma l’appello all’autogoverno diretto non è un ritorno all’antico e nemmeno una rinascita delle forme assembleari di democrazia, proprie della contestazione studentesca e operaia degli anni Sessanta del secolo scorso.
È invece una nuova e aggiornata rinascita di partecipazione che non rifiuta le forme indirette della stessa, come la rappresentanza parlamentare e il suffragio elettorale, ma le cambia, le adatta, le stravolge.
Democrazia rappresentativa diretta vuole essere democrazia elettorale in-diretta, dunque, senza i partiti politici e attuata attraverso movimenti in rete che raccordano il dentro e il fuori delle istituzioni; ma senza alcun controllo sulle forme di questo raccordo, senza alcuna certezza procedurale che esso sia realizzato secondo regole che danno ai cittadini un potere censorio, non aleatorio o, invece, secondo il ruolo preminente degli animatori della rete o dei proprietari privati di blog.
Nadia Urbinati accademica, politologa e giornalista italiana, naturalizzata statunitense. Titolare della cattedra di Scienze Politiche alla Columbia University di New York. Come ricercatrice si occupa del pensiero democratico e liberale contemporaneo e delle teorie della sovranità e della rappresentanza politica. Ha pubblicato saggi sul liberalismo, su John Stuart Mill, sull’individualismo, sui fondamenti della democrazia rappresentativa, su Carlo Rosselli. Collabora con “la Repubblica”, “Il Fatto Quotidiano” e con “Il Sole 24Ore”.