Donne e antifasciste: ribelli due volte
di Martina Guerrini, Casa Editrice Zero in condotta, 2013, pp. 82, euro 7,00
Studiare e leggere di storia è scoprire racconti di vita. Dall'intreccio e ricostruzione delle piccole vicende personali infatti prende corpo la storia con la 's' maiuscola, quella degli stati, degli eserciti e dei re.
E' così che “Donne contro. Ribelli, sovversive, antifasciste”, il libro di Martina Guerrini edito da Zero in Condotta, rappresenta un piccolo gioiello storiografico per gli elementi che evidenzia e gli spunti che offre.
Guerrini, filosofa, storica e femminista, riporta alla luce dai fascicoli del Casellario Politico Centrale (Cpc) l'esperienza di circa una decina di donne, giunte all'attenzione delle autorità per lo più negli anni '20 e '30 del secolo scorso per l'opposizione a vari livelli e titoli al montante fascismo. Sono nomi e volti anonimi per il racconto pubblico, eppure hanno occupato la prima linea contro lo squadrismo, come dimostrano i dati raccolti: circa 40 donne rimasero uccise solo nei tre anni compresi fra la nascita dei Fasci italiani e la marcia su Roma.
Il lavoro di Guerrini muove dalle biografie di donne nate o vissute a Venezia, ma è molto più che il desiderio di conoscere e capire una città associando volti e fatti ai luoghi, è il tentativo di rappresentare un'epoca e le sue contraddizioni bel al di là del fattore fascismo. L'approccio di genere permette, semplicemente riportando i dati raccolti dalle autorità competenti, di comprendere la cultura che ha generato, accolto e fomentato le camicie nere di Mussolini.
Ogni territorio italiano ha promosso e sviluppato una peculiare persecuzione fin dall'età liberale degli oppositori politici, sovversivi o malfattori spesso indentificati con la classe lavoratrice; persecuzione affinata dal regime fascista, all'interno della quale l'autrice ha posto l'accento su quella del secondo sesso, aprendo ad una prospettiva tuttora estranea a molti ricercatori e dalla quale è possibile scorgere aspetti inediti di un secolo che ancora fatichiamo a comprendere.
“...l'intento che mi prefiggo – scrive – è soprattutto quello di evidenziare quanto la discriminazione di genere riesca a permeare l'articolazione delle donne nel Cpc....”.
Non a caso la prefazione del volume è a firma di Marco Rossi, uno storico attendo ad approfondire quei passaggi rimasti oscuri della narrazione antifascista – sue le ricerche su Arditi del Popolo, Resistenza anarchica, rivolte partigiane del 1945-46 -.
Le donne raccontate da Guerrini, attraverso la lente di ingrandimento della 'giustizia', sono giudicate dalla morale prima che dai tribunali; sono discriminate, perseguitate, disprezzate in quanto donne e in quanto militanti politiche. Nelle loro schede ritroviamo tutti i luoghi comuni legati alla subordinazione ed inferiorità del 'gentil sesso'.
Alle donne condannate o segnalate per attività sovversiva viene cucito addosso il ruolo di prostituta o amante di un qualche attivista, altrimenti inspiegabile per i funzionari la loro presenza a riunioni e incontri. La donna è considerata prova di intelletto e della capacità di scelta, esercitata dai 'suoi' uomini: padri, fratelli, mariti, amanti. Donne ingabbiate in stereotipi e categorie rassicuranti per gli uomini e lo status quo, impreparati al desiderio delle giovani nate e cresciute a cavallo fra due secoli di rovesciare la subalternità, pronte a provocare la morale e la cultura dominanti che il fascismo esaspererà.
Troviamo così nei verbali il compatimento per la sventurata o l'irritazione scandalizzata verso la ribelle irrecuperabile.
“Per questo la definizione di 'ribelli due volte' appare pertinenete e fondata – leggiamo nella prefazione – perchè non solo si trovavano in conflitto con l'ordine fascista, ma dovevano liberarsi anche dall'ideologia sessista che il fascismo – maschio per antonomasia – aveva ulteriormente rafforzato in una società patriarcale come quella italiana...”.
Per essere considerata pericolosa, destabilizzante, era sufficiente non ricalcare in pieno il modello di donna - ripreso dalla cultura tradizionale - imposto dal regime. Come ad esempio Elvira Pilon, nata a Venezia nel 1892, professione modista, descritta dai compilatori del fascicolo come “...una nevrotica che, sdegnando le frivolezze dell'età e del sesso, si entusiasma per gli ideali socialisti”. Oppure Irma Zanella, nata ad Adria nel 1900, schedata come comunista-anarchica ma “...nonostante sia stata schedata come casalinga, la si definisce 'prostituta', pur senza aggiungere elementi in grado di circoscrivere e dettagliare maggiormente la fonte o la veridicità di tale supposizione”. Non è un caso che i militanti con cui mantiene una corrispondenza vengano definiti suoi 'amanti' e lei “assoggettabile alla volontà di qulche facinoroso”.
E ancora Aurelia Benco, nata a Trieste nel 1905. Docente universitaria comunista, conosciuta con il soprannome di 'Frombolo', che organizzerà le squadre delle Ardite Rosse contro lo squadrismo.
Nel volume ad ogni nominativo corrispondono poche pagine nelle quali l'autrice riporta gli elementi contenuti nei fascicoli del Cpc, restutuendoci donne sconosciute ma con vite significative e significanti. Emblematiche. E proprio grazie a questa essenzialità colpisce la banalità, la volgarità, la miopia dei ligi funzionari.
Ne emerge un quadro perfettamente incorniciato dalla prefazione di Rossi, dall'introduzione della stessa Guerrini e dalle considerazioni conclusive che propongono risposte e aggiungono importanti interrogativi sulla storia delle donne, prima antifasciste, poi partigiane e femministe della differenza, e sul racconto che non solo ne è stato fatto ma che loro stesse hanno elaborato.
Una ricerca che è un esempio di ciò che è sempre costato alla donne stare dentro alle cose, cercare di non subire l'ambiente circostante, fosse l'assetto patriarcale della famiglia, dei luoghi di lavoro o il ruolo socialmente attribuitole. Donne mosse dalla volontà di autoderminarsi il presente e il futuro, impegnandosi per cambiare se stesse e la società attorno, non riuscendoci mai pienamente.
Martina Guerrini ricostruisce agilmente un'epoca raccontando storie quotidiane e dimenticate di emancipazione sociale, culturale, politica. Storie di esistenze tenaci. Storie di donne ribelli.
Gemma Bigi