Fiori rossi al Martinetto. Il processo di Torino: aprile 1944
di Valdo Fusi, Mursia, 1973, pp. 253
Nella vasta letteratura e nella memorialistica sulla Resistenza, “Fiori rossi al Martinetto” è un documento drammatico, un testo di riferimento, soprattutto per il suo tono antiretorico.
“I resistenti, per Fusi, non sono personaggi di Plutarco – avverte Alessandro Galante Garrone nella presentazione del volume – eroi stilizzati tutti d’un pezzo, ma uomini fatti per la pace, per la semplice vita quotidiana, che vincono la paura e l’egoismo per un istintivo senso del dovere”.
Organizzato alla presenza di gerarchi di Mussolini e di membri del governo di Salò, il “Processo di Torino” fu uno degli atti più repressivi, finalizzato a contenere il dilagante movimento di liberazione nell’Alta Italia.
Dopo una sommaria istruttoria, il 2 aprile 1944 (Domenica delle Palme), il processo si concluse con la condanna a morte di Franco Balbis, Quinto Bevilacqua, Giulio Biglieri, Paolo Braccini, Errico Giachino, Eusebio Giambone, Massimo Montano e Giuseppe Perotti. La fucilazione fu eseguita al poligono del Martinetto, alle prime ore del 5 aprile, al grido dei patrioti “Viva l’Italia libera!”.
Scampato miracolosamente alla morte, in quanto imputato – insieme con i componenti del Comitato militare del C.L.N. piemontese – di “attentati contro l’integrità, l’indipendenza e l’unità della Repubblica Sociale Italiana”, Valdo Fusi rievoca in questo libro i giorni di quella tragedia.
A proposito di queste pagine, è stato scritto che sono la storia della generazione che, pur nel crollo apparente dei valori e nella sensazione diffusa di una crisi generale di civiltà, seppe mantenere la fede nell’Italia libera e la speranza per la pace.