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I cappellani militari italiani nella Resistenza all’Estero

di Mimmo Franzinelli, Ministero della difesa - Gabinetto del Ministro - Commissione Resistenza militari italiani all'estero, 1993, pp. 211

È il  primo volume di una serie di nove monografie sui risultati degli studi condotti dalla Commissione per lo studio della Resistenza dei Militari italiani all’estero (COREMITE), che ha esaminato il contributo del clero castrense alla Resistenza antifascista, nell’assistenza spirituale prestata ai reparti impegnati dopo l’8 settembre 1943 contro le formazioni dell’Asse e nella guerra partigiana. Esperienza quest’ultima nella quale confluirono i militari che, evitato l’internamento, senza per questo essere riusciti a rimpatriare, si collegarono con le formazioni “ribelli” dei Paesi nei quali erano stati inviati a combattere.
Questa monografia è fondata sull’analisi dei rapporti stilati dai cappellani, dalla quale emerge che: la maggioranza dei religiosi in servizio all’Estero, alla data dell’8 settembre 1943, subì l’internamento, in molti casi per consapevole scelta; nelle relazioni (redatte al momento del rimpatrio) l’accento è posto sulla lunga esperienza della prigionia, a scapito dei tanti episodi di resistenza ai tedeschi,  rimasti magari senza sbocchi positivi.


Si può dunque ritenere che la presenza di cappellani tra i militari passati alla Resistenza negli scacchieri stranieri abbia rivestito uno spiccato carattere di testimonianza personale e di indubbio coraggio, in grado di sorreggere (anche sul piano psicologico i combattenti, specie quelli (la grande maggioranza) legati al cattolicesimo, rassicurati dall’elemento di continuità con la precedente esperienza bellica: la presenza del sacerdote nei reparti. Mentre in campo “civile”, tale presenza fu probabilmente avvertita dai militari antifascisti come l’attestazione della valenza “patriottica” della campagna di Liberazione ingaggiata all’Estero.
In queste pagine, il ruolo dei cappellani è esaminato per aree geografiche: Slovenia e Dalmazia, Croazia, Montenegro, Albania, Grecia, Cefalonia, Egeo, Francia e Corsica.
Certamente fu a Cefalonia che il ruolo rivestito dai religiosi si esplicò di più che non altrove con lineare continuità, incidendo in maggiore misura sullo svolgersi degli eventi (pagg.95-102). Ruolo che i sette cappellani di stanza nell’isola, convocati “a consulto” dal Comandante della Divisione “Acqui”, generale Antonio Gandin, svolsero, in quei terribili frangenti, nella pienezza della loro fede religiosa, anche con un documento da essi redatto e firmato; come narrato da uno di loro: don Romualdo Formato, insignito della medaglia d’argento al valor militare, con il suo libro “L’eccidio di Cefalonia” (Mursia, 1968).