Il bambino di Varsavia. Storia di una fotografia
di Frederic Rosseau, LaTerza, 2011, pp. 201, euro 18,00
“Chi non ha visto lo sguardo terrorizzato di quel bambino minacciato da un soldato tedesco durante la Seconda Guerra mondiale? Libri e manuali di storia, riviste, documentari televisivi, siti Internet: forse l’immagine non è mai stata tanto presente quanto oggi”. L’istantanea che ritrae il piccolo ebreo del ghetto di Varsavia con le mani in alto fa così parte della memoria collettiva che ha trasformato, nel corso del tempo, il protagonista in una icona della Shoah che erra nel campo della memoria occidentale da più di sessant’anni.
Come si è saputo nel dopoguerra, quella fotografia era stata scattata dai nazisti stessi per documentare alle SS la repressione del ghetto. L’intento era di fissare nello scatto il valore dei soldati tedeschi che erano riusciti a domare i “banditi” di quel quartiere. All’immagine non è stata prestata inizialmente troppa attenzione neanche a Norimberga. Solo dagli anni Sessanta in poi ha assunto il valore che ha oggi.
In queste pagine, Frédéric Rousseau ricostruisce la storia della fotografia, dal 1943 ai giorni nostri, e si interroga sul rapporto che l’opinione pubblica ha avuto e ha oggi con quel “piccolo messaggero” di Varsavia.