La mia ombra a Dachau
a cura di Dorothea Heisera, Mursia, 1997, pp.185.
“L’inferno di Dachau/l’ho conosciuto nel sole./Un campo, baracche allineate,/muro di recinzione, un fossato,/filo spinato percorso dalla morte.”
Con questi versi comincia la poesia “Dachau nel sole” di Feliks Rak, nato a Borowicwicz (Polonia), nel 1903. Arrestato dalla Gestapo nella primavera del 1940 fu inizialmente incarcerato a Kielce. Nel luglio 1940 fu deportato nel campo di concentramento di Sachsenhausen, da dove venne trasferito il 5 settembre dello stesso anno a Dachau. Qui fu liberato nell’aprile 1945. Registrato con il numero di matricola 18425, fu uno dei membri dirigenti di una organizzazione clandestina operante nel campo.
Dopo la liberazione, riuniti i ricordi e i versi scritti nel corso della detenzione, li pubblicò. È deceduto in Polonia nel 1992.
“Dachau nel sole”, scritta nel 1941, è una delle poesie raccolte e commentate in queste pagine da Dorothea Heiser (germanista, è nata a Dachau).
“Io canto per alleviare i mali che mi tormentano”: è uno dei tanti versi; forse è per questo che, nonostante la fame, il gelo, la fatica mortale, i tormenti di ogni minuto, la poesia è entrata nei Lager ed è stata una specie di rifugio, un disperato e in un certo senso eroico tentativo di non lasciarsi abbrutire, di sopravvivere.
Al deportato, nel momento stesso dell’ingresso nel Lager, veniva tolto tutto. E difficile era procurarsi, poi, un pezzo di carta e un mozzicone di matita e salvarli dalle improvvise perquisizioni.
Questa antologia – una importante testimonianza “per non dimenticare” – raccoglie le poesie di 41 internati sopravvissuti.
Ne ricordiamo alcuni. Maria Johanna Vaders, nata nel 1922 all’Aia (Olanda), collaborò con diversi gruppi della Resistenza. Quello di cui faceva parte era denominato “A.C. contact V.G.” (Contatto Gruppo Libero dell’Aia). Falsificava documenti di identità e smistava corrispondenza clandestina. Una delazione la fece imprigionare. In “Bunker Dachau” scrive: “Una apertura grigia, un muro compatto,/luce solare, anche se ti cerco è una cosa vana/non puoi trovare via che a me giunga/sola, io sono sola.”
Henri Pouzol, nato a Jarnac (Francia) nel 1914. Fino al 1942 aveva insegnato francese in un liceo e fu la sua appartenenza alla Resistenza che causò il suo arresto, l’internamento e la deportazione in vari campi di concentramento per finire a Dachau, dove rimase sino alla Liberazione (aprile 1945). Scrive in una delle sue poesie: “L’ultima luna cade/la prima luce si leva/i kapos urlano/i kapos sferzano/i kapos strisciano/appare il padrone.”
František Kadlec, nato a Praga (Repubblica Ceca) nel 1911. Era il 18 ottobre 1940 quando fu deportato a Dachau, per la sua appartenenza a un movimento nazionale di sinistra della gioventù operaia. Vi rimase fino alla Liberazione. Tornato a Dachau, nel 1992, in occasione della cerimonia annuale per la Liberazione del campo, nel raccontare la genesi dei versi nati durante la detenzione, sottolineò che dopo tanto tempo “anziani codetenuti manifestano la loro riconoscenza perché ho descritto ciò che abbiamo vissuto nella nostra carne e nella nostra anima”.
Nell’antologia sono inserite anche alcune opere del pittore Anton Zoran Music, a testimonianza della sua prigionia a Dachau. Tra il 1970 e il 1975, Music realizzò una serie di disegni, di opere grafiche e di dipinti, intitolata “Non siamo gli ultimi”, sulla sua travagliata vicenda nel campo di concentramento. Music fu arrestato nel 1944 dalla Gestapo, per avere ospitato uno dei capi della Resistenza; fu accusato anche di simpatizzare e di collaborare con gruppi antitedeschi. Il 18 novembre 1944 fu deportato in Germania.