L’Angelo del Tiburtino
Gerardo Severino, Chillemi, 2011, pp.80, euro 12,00
Il 18 ottobre 1943, dal primo binario della stazione ferroviaria di Roma-Tiburtina, stipati in un convoglio di 18 carri merci, piombati, più di mille ebrei romani, intere famiglie, vecchi e bambini, strappati dalle loro case furono deportati ad Auschwitz-Birkenau. E, proprio da questa stazione, cominciarono le prime azioni di Resistenza, molte delle quali riconducibili agli stessi ferrovieri: primo, fra tanti, Michele Bolgia (ucciso dai tedeschi nelle Fosse Ardeatine), un guardasala che di notte spiombava le porte dei vagoni dei treni, pieni di ebrei e di altri prigionieri in attesa di essere trasferiti in Germania.
Bolgia recentemente è stato insignito di Medaglia d’oro al Merito Civile “alla memoria”.
Al primo binario della Stazione di Roma-Tiburtina, l’8 settembre 1946, è stata apposta una lapide in sua memoria, con questa scritta: “Michele Bolgia/vittima innocente/della ferocia nazifascista/glorificò col martirio/alle Fosse Ardeatine/il suo nome/che i compagni di lavoro della Stazione Tiburtina/hanno voluto consacrare/in questo marmo”.
La storia di Bolgia è incrociata, in queste pagine, con il valore delle Fiamme Gialle che prestavano servizio di vigilanza nella stazione e con la rischiosa collaborazione di alcuni ferrovieri austriaci, ai quali era demandato il compito di condurre quei convogli.
Le azioni umanitarie, delle quali si rese protagonista Michele Bolgia, si concretizzarono durante il periodo di “Roma Città Aperta”, quando entrò a far parte dell’organizzazione clandestina riconducibile al Tenente Alaydolin Korça, un ventiseienne albanese in servizio nella Guardia di Finanza dal 1939.
Il Tenente Korça, al cui comando si trovava il “Corpo di Guardia” di Roma Tiburtina, era uno dei referenti dell’organizzazione clandestina capeggiata dal Generale della Guardia di Finanza Filippo Crimi, aderente al Fronte Militare Clandestino di Resistenza di cui era capo il Colonnello del Regio Esercito Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo.
In prefazione al libro, Rosina Stame (presidente ANFIM – Associazione Nazionale Famiglie Martiri Caduti per la Libertà della Patria) scrive: «Oggi più che mai è necessario ricordare il passato, perché certe gesta, azioni ed eroismi, ignorate per tanti anni, vedano la luce nel riflesso di un mondo, che ha tanto bisogno di credere e di ritrovare quei saldi e reali valori della vita stessa, primo fra tutti quella solidarietà tra cittadini di tutto il mondo, uniti per lottare e sconfiggere la minaccia che gravava allora sull’intera umanità e che purtroppo è ancora in agguato…Il ferroviere Michele Bolgia, appartiene a tutti noi come a tutti noi appartengono i martiri per la libertà. Michele Bolgia appartiene alla Storia d’Italia».
Gerardo Severino, capitano della Guardia di Finanza è responsabile del Museo Storico del Corpo; ricopre anche l’incarico di Direttore del “Nucleo di Ricerca”, per ricostruire le azioni umanitarie delle quali si resero protagonisti i Finanzieri, in favore dei profughi ebrei e dei perseguitati dal nazi-fascismo, dopo l’8 settembre 1943.