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Piazza Bologna

Alle origini di un quartiere "borghese".

Eva Masini, Franco Angeli, 2009, pp.188, euro 18,00

L’ultima parte di questo libro è interamente dedicata al periodo della seconda guerra mondiale e alle azioni di Resistenza in un quartiere romano, nato e consolidatosi intorno a una piazza.
Negli anni Venti e Trenta del secolo scorso, Roma conosce una impetuosa trasformazione. Gli abbattimenti delle vecchie (e in molti casi fatiscenti) abitazioni, nel centro della città, la nascita delle “borgate ufficiali”, l’edificazione di nuovi quartieri ne ridisegnano il tessuto urbano.
Questo volume racconta proprio lo sviluppo di uno di questi nuovi quartieri e le dinamiche sociali della gente che lo abita. Ricostruiti, principalmente, i legami del territorio con il regime che – attraverso una propaganda capillare – lo esalta come modello di modernità urbana.
Per l’Autrice è degna di nota, a questo proposito, l’apparentemente paradossale origine, proprio nel cuore di una zona piccolo borghese e “fascista”, di movimenti destinati a divenire, nei mesi della Resistenza, promotori di attività di lotta contro il nazifascismo.
Il Comitato di liberazione nazionale costituisce, alla metà di ottobre 1943, una Giunta militare che decide la ripartizione di Roma in otto zone operative, adottata da tutte le formazioni partigiane. Piazza Bologna rientra nella “Quinta zona”, un’area che comprende tre quartieri (Italia, Macao e San Lorenzo), la zona di Portonaccio e sei borgate. L’area si estende da piazzale Tiburtino a Sette Camini e per oltre dieci chilometri sulla via Tiburtina, che rappresenta uno dei principali assi di comunicazione (stradali e ferroviari) con il fronte; territorio quest’ultimo controllatissimo per le azioni di sabotaggio contro i mezzi tedeschi. Lungo la strada venivano sparsi i chiodi a quattro punte, predisposti nelle officine “fiancheggiatrici” della Resistenza. Altra attività era quella della propaganda con diffusione di manifestini e con iscrizioni murali. Un testimone ricorda: “Via i tedeschi!/Viva la pace!/Pane!, queste erano le scritte che prevalentemente si facevano”. Anche le donne hanno fatto la loro parte, soprattutto negli assalti dei forni.
Furono organizzate “squadre d’azione” di ferrovieri dello scalo Roma-Tiburtino e di San Lorenzo, per opera di un dirigente, amico del socialista Eugenio Colorni, ucciso in una strada del quartiere, il 28 maggio 1944, mentre si recava a una riunione per la costituzione delle Brigate Matteotti. Queste squadre, oltre alla manomissione dei binari e degli scambi ferroviari e alle informative sui movimenti dei treni militari tedeschi e sugli effetti dei bombardamenti, liberano un gruppo di circa 350 napoletani “rastrellati” e avviati al Nord.
L’Autrice evidenzia, in particolare, il ruolo della Guardia di Finanza nella Resistenza romana che s’intreccia, per la presenza della caserma di Viale XXI Aprile, con le vicende del quartiere, fino al giorno della liberazione di Roma. In una strada limitrofa a piazza Bologna, infatti, nel corso di una riunione in casa di un capitano (ottobre 1943), il generale Filippo Crimi ottiene da Riccardo Bauer e dal colonnello Montezemolo le indicazioni per la partecipazione del Corpo dei finanzieri alla lotta di Liberazione.
Tra le tante storie e testimonianze raccolte in queste pagine, c’è quella di tredici giovani, non ancora maggiorenni, che – dopo avere partecipato alla Resistenza nel quartiere – partono volontari nel Corpo italiano di liberazione, aggregandosi alle truppe alleate per combattere sulla linea gotica. Un testimone sentito dalla Masini ricorda uno di loro, Andreino De Propris, caduto il 19 aprile 1945 a Castel del Rio (Bologna), due giorni prima della Liberazione del capoluogo emiliano.

Eva Masini, laureata in Lettere alla “Sapienza” (Roma), collabora con istituzioni culturali che promuovono la ricerca sul territorio.