Agostino Barbieri
Ultimo di tre figli, Agostino Barbieri trascorre un’infanzia poverissima a causa della morte del padre, caduto in battaglia nel corso della Grande guerra. Inizia a lavorare nelle onoranze funebri del suo paese e incidendo lapidi si appassiona alla scultura. Con molti sacrifici da parte dei familiari studia all’Accademia d’Arte Cignaroli e poi si diploma da privatista al liceo artistico. Richiamato alle armi come ufficiale di complemento nel 79° Reggimento Fanteria è dislocato inizialmente in Jugoslavia, prima di partire per la Russia con il CSIR nel ’41 ed essere rimpatriato per malattia prima della ritirata. Sulla spedizione italiana, Agostino scriverà un racconto in cui descrive dignità e solidarietà del popolo russo.
Dopo l’armistizio Barbieri collabora con il CLNAI per portare in salvo alcuni prigionieri alleati da Venezia verso Milano e la Svizzera. In seguito è contattato da un amico e commilitone, il Ten. Teruzzi, che insieme ad altri esponenti dell’Azione Cattolica veronese lo inseriscono nella Missione RYE (dipendente dal Servizio Informazioni Militare), con lo scopo di monitorare per gli anglo-americani il traffico dei rifornimenti tedeschi sulla ferrovia Brennero-Bologna e organizzare bande partigiane: «Abbiamo operato con l’aiuto di tanti ferrovieri e capistazione, anche durante il coprifuoco, con falsi documenti della Todt per l’esportazione in Germania di frutta e verdura, procurati da mia moglie che lavorava in un’agenzia di trasporti».
Barbieri ha la responsabilità di un’ampia area nella pianura del basso veronese, fino ai ponti di Ostiglia sul Po, e stabilisce il suo comando in una frazione di Isola, nella canonica del parroco di Tarmassia.
Qui, durante un corso per l’uso di esplosivo al plastico tenuto da un esperto paracadutato, è arrestato il 22 novembre 1944 dalle Brigate Nere, dopo una sparatoria che richiede l’intervento della polizia tedesca in soccorso dei fascisti. Trasportato a Verona nelle carceri delle scuole Sanmicheli è interrogato e torturato per una settimana, poi consegnato al comando SS nel palazzo delle assicurazioni INA. Dopo altri sette giorni è inviato al campo di transito di Bolzano, destinazione Mauthausen. Si lega di una forte amicizia con Piero Caleffi, futuro vicepresidente del Senato, sottosegretario in due governi Moro e Presidente dell’ANED. Con lui fa il viaggio nel treno piombato fino in Austria (6 giorni e 6 notti) e sbarca nel lager con il n° 113883.
Agostino è abile al lavoro e trasferito nel più piccolo campo di Sant Aegid a scavare fondamenta giorno e notte. Fino al rientro a Mauthausen con una marcia della morte durata cinque giorni, un mese prima della liberazione del 5 maggio ’45 da parte degli Alleati. Torna a casa verso la fine di giugno su un camion che attraversa le macerie della Germania, vestito a metà: sopra la giacca di un frac, sotto le braghe modello SS.
Nel dopoguerra, indebolito fisicamente, Agostino Barbieri accantona la scultura e riprende l’attività artistica nel disegno e nella pittura. I suoi soggetti ispirati all’internamento vengono esposti nella grande mostra internazionale “Arte e Resistenza 1922-1945” (insieme a Dix, Chagall, Kokoschka, Picasso, Guttuso) e oggi sono conservati all’Archivio del Castello Sforzesco a Milano, dove Agostino si è trasferito.
Con opere al confine tra figurativo e astratto, partecipa anche alla Quadriennale di Roma e a diverse mostre personali e collettive. Negli ultimi anni di vita, tornato sulle rive del Garda, si è dedicato all’autobiografia "Un cielo carico di cenere" (Vannini, ’89), all’insegnamento e alla divulgazione della memoria della deportazione nelle scuole.