Aladino Bibolotti
Durante la Prima guerra mondiale era stato internato perché, giovane socialista, aveva svolto propaganda antimilitarista. Tra i fondatori del PCdI, fu il primo segretario della Federazione comunista di Massa. Per sottrarsi alle aggressioni degli squadristi, che gli avevano devastato anche la casa, si trasferì a Torino, dove collaborò all'Ordine Nuovo. Amministrò poi Il lavoratore a Trieste e l'Unità a Milano. Nel 1926, nel "processone" nel quale furono imputati anche Gramsci e Terracini, Bibolotti fu condannato dal Tribunale speciale a 18 anni e 6 mesi di reclusione.
Liberato per amnistia dopo dieci anni di carcere, riuscì a riparare clandestinamente in Francia, dove fu chiamato a far parte del CC del suo partito. Internato nel 1940 nei campi del Vernet e di Les Miles, Bibolotti ne evase e si unì al "maquis" nelle Alpi marittime e in Savoia. Arrestato dalla polizia francese e consegnato, nel 1942, a quella italiana, il dirigente comunista fu confinato a Ventotene, dove rimase sino alla caduta di Mussolini. Tornato libero, Aladino Bibolotti, subito dopo l'armistizio, fu tra gli organizzatori della Resistenza.
Attivo nella lotta partigiana nel Biellese e nel Reatino, dopo la Liberazione divenne vice segretario della CGIL e presidente del Patronato INCA, di cui è stato uno dei fondatori. Deputato alla Costituente, Bibolotti fu senatore di diritto nella prima Legislatura repubblicana.
A Massa Carrara gli è stata intitolata una via.