Alberto Sartori
Aveva cominciato a lavorare in giovanissima età come muratore. Nel 1938, emigrato in Francia, era entrato in contatto con elementi dell'Unione Popolare Italiana (organizzazione di emigrati antifascisti). All'inizio del secondo conflitto mondiale Sartori si arruolò nei Volontaires pour la durée de la guerree, dopo varie peripezie, approdato in Tunisia, si collegò all'organizzazione clandestina di comunisti italiani operanti in quel paese. Quando l'Africa del Nord fu liberata, Sartori accettò di collaborare (in accordo con i dirigenti locali del partito comunista), con i Servizi informativi degli Alleati che, dopo un breve periodo di addestramento, gli affidarono quella che fu chiamata "Missione Costa" e che aveva il compito di organizzare la resistenza armata in Italia. Nell'agosto del 1943 Sartori, con l'aviere Matteo De Bona e con il sottotenente Alessandro Teagno, fu paracadutato in una zona tra Alessandria e Tortona, ma i tre furono presto catturati dai carabinieri e trasferiti nel carcere di Verona. Nel maggio del 1944, Sartori riuscì ad evadere da Forte San Leonardo e a raggiungere la zona di Schio. Qui ritrovò compagni conosciuti durante la detenzione e, con il nome di Carlo, assunse il comando della Brigata "Stella", operante nella valle dell'Agno. Qualche mese dopo, per disposizione del comando della Divisione "Garemi", Carlo si trasferisce nell'alta Valdastico dove assume l'incarico di commissario politico della Brigata "Pasubiana". Diventa poi ispettore della "Garemi" nella valle del Leogra. Per la sua attività durante la Guerra di liberazione, Sartori ha ricevuto la Medaglia d'argento al valor militare.