Alfredo Cavina
Antifascista, e come tale schedato dalla polizia, "il Vecchio" (come veniva chiamato nella Resistenza), durante la Seconda guerra mondiale diventò partigiano reclutatore, inquadrato in quella che si sarebbe poi chiamata 36a Brigata Garibaldi "Alessandro Bianconcini". Cavina operava, col figlio Domenico (nome di battaglia "Bill"), nella zona di Imola e Riolo Terme, tra il Senio e il Santerno. Il 13 giugno 1944, in seguito a delazione, "il Vecchio" fu catturato dalle Brigate Nere, che arrestarono anche la moglie (Rosina Padulli) e le figlie Maddalena e Diana. Trasportati nelle carceri di Forlì e consegnati ai tedeschi, i Cavina furono sottoposti a stringenti interrogatori. Alfredo, prelevato dalla sua cella il 26 luglio, fu portato a Pievequinta. Qui fu fucilato con don Francesco Babini e altri nove antifascisti.