Andrea Beltramini
Poiché seguiva le tradizioni mazziniane e garibaldine della sua famiglia, Beltramini, da studente, finì per essere espulso dal Collegio rosminiano di Domodossola. Riuscì tuttavia a laurearsi in legge. Gli anni precedenti la prima guerra mondiale videro il giovane avvocato socialista molto attivo nell'organizzare i lavoratori delle province di Varese e di Como. Dopo la parentesi del conflitto (al quale l'avvocato partecipò meritando una medaglia al valore, che rifiutò perché riteneva essere del tutto naturale l'aver salvato un reparto di soldati che stava per essere travolto da una valanga), Beltramini fu sindaco di Varese, presidente della deputazione provinciale e deputato. Antifascista irriducibile, negli anni della dittatura subì ogni sorta di persecuzioni, compresa l'espulsione dall'Ordine degli avvocati, e trascorse lunghi anni al confino a Ponza, a Ventotene e a Vietri. Subito dopo l'otto settembre, nonostante l'età avanzata, riprese l'attività politica. A Milano l'avvocato fu tra i primi a promuovere il sorgere di formazioni armate per combattere contro i tedeschi e i fascisti e il suo studio divenne uno dei punti di riferimento e d'organizzazione della Resistenza. Beltramini decise anche di portarsi nel Comasco, dando personalmente impulso ad una delle formazioni partigiane della zona. Costretto a riparare in Svizzera, vi morì giusto un anno prima della Liberazione. La sua opera fu continuata dai figli Antonio, Sandro e Lionello, che parteciparono attivamente alla Resistenza nelle formazioni "Matteotti" e che, dopo la Liberazione, ricoprirono vari incarichi nello PSI, nel PCI e nel movimento democratico.