Andrea Marchini
Emigrato in Corsica con la famiglia, Marchini vi aveva trovato lavoro come operaio meccanico. Nel 1941 era tornato in Italia, per prestare servizio militare nel 7° Reggimento d'artiglieria "Pisa". Di lì il giovane passò all'Arma dei Carabinieri, inquadrato nella Legione di Livorno. Vi restò poco. Mandato in Russia, Marchini combatté nella Divisione "Torino" e fu rimpatriato nel febbraio del 1943, quando fu trasportato in Italia con gli arti congelati. Era ancora convalescente, quando gli fu ordinato di presentarsi alla Stazione Carabinieri di Massa per essere impiegato nelle forze armate repubblichine. Il giovane carabiniere decise di darsi alla macchia. Raggiunte le formazioni della Resistenza dell'Apuania, Marchini combatté come partigiano sino alla liberazione della zona, avvenuta nell'autunno del 1944. Nel mese di dicembre, a Firenze, il carabiniere fu incaricato di infiltrarsi nelle linee nemiche, per svolgervi un'importante missione al comando di una squadra di partigiani. Il gruppo era sulla strada del ritorno, sul Passo del Pitone, quando fu intercettato da un reparto tedesco. Benché in condizione d'inferiorità numerica – com'è ricordato nella motivazione della ricompensa al valore – e benché ogni libertà di movimento fosse intralciata da un campo minato, Marchini e i suoi uomini s'impegnarono in un conflitto a fuoco. Per due ore durò il combattimento. Il carabiniere, ad un certo punto, finì su una mina; con un piede dilaniato dall'esplosione continuò a sparare con il suo mitra per coprire i compagni, finché non cadde colpito a morte.