Angelo Finzi
Orfano di padre, studiava Ragioneria a Padova, col proposito di laurearsi a Venezia in Scienze economiche. Per sfuggire alle persecuzioni razziali il ragazzo, oltre a cambiare frequentemente i suoi luoghi di residenza, aveva mutato il suo nome in quello di Vito Silvestri e come “Vito” sarebbe appunto stato conosciuto nella Resistenza, alla quale dopo l’8 settembre 1943 avrebbe partecipato prima a Roma e poi a Milano.
Nel capoluogo lombardo “Vito” svolgeva il ruolo di ufficiale di collegamento del Comando delle formazioni partigiane di “Giustizia e Libertà”.
I fascisti lo catturarono mentre stava recandosi nella base “GL” di via Goldoni. Portato al comando della “Legione Ettore Muti”, fu sottoposto con gli altri patrioti, che già erano caduti nelle mani dei repubblichini, a giorni e giorni di interrogatori e di torture.
La notte tra il 2 e il 3 febbraio, “Vito” fu prelevato con la staffetta “Mariuccia”, Maria Cantù, caricato su un’auto ed eliminato con lei in via Airaghi, dove nel dopoguerra è stata apposta una lapide per ricordarne il sacrificio. La scritta sulla lapide si conclude con queste parole: “le zolle che irrorarono/con il loro sangue/siano feconde alla cara Patria/che tanto amarono”.