Angelo Poletti
Nel 1934 era entrato in contatto con i socialisti del "Centro interno", fondato a Milano da Morandi, Basso, Luzzatto e Colorni. Ciò spinse Poletti ad organizzare gruppi antifascisti clandestini nella zona di Porta Magenta e all'interno dell'Isotta Fraschini, l'azienda dove lavorava. Subito dopo l'armistizio, l'operaio decise di raggiungere le prime formazioni partigiane e, in Valdossola, si aggregò ai patrioti comandati da Filippo Beltrami. Ma, dopo un certo tempo, Poletti, convinto che avrebbe potuto meglio contribuire alla lotta contro i nazifascisti operando a Milano, tornò in città. Qui divenne il primo comandante della 45ª Brigata Matteotti, che operava a Porta Magenta avendo scelto come base del comando la Cooperativa di Lampugnano. L'operaio antifascista aveva comunque mantenuto i rapporti con le formazioni di montagna. A lui i partigiani facevano sicuro riferimento quando c'erano da riparare armi fuori uso. Poletti provvedeva alla bisogna, servendosi di una piccola officina in via Anfiteatro. I fascisti, forse grazie ad una soffiata, lo sorpresero proprio mentre era al lavoro. L'operaio tentò di fuggire, ma colpito da una pallottola ad una gamba fu catturato e rinchiuso nel carcere di San Vittore. Per giorni e giorni fu ferocemente torturato, senza che i fascisti riuscissero a estorcergli qualche informazione compromettente. Il mattino del 10 agosto, Poletti fu incluso, con Libero Temolo e con Vittorio Gasparini, nel gruppo di 15 prigionieri che i nazifascisti fucilarono per rappresaglia in Piazzale Loreto. Due anni dopo la strage, i suoi compagni della Brigata Matteotti, hanno collocato, al numero 15 di via Trenno, un bassorilievo che ricorda Angelo Poletti.