Anna Cherchi
Non ce l'ha fatta, Anna Cherchi, a mantenere l'impegno che aveva preso con gli studenti delle scuole superiori di Novara per la fine del gennaio 2006. Al Conservatorio Cantelli avrebbe dovuto, ancora una volta, recare - a nome dell'Associazione Nazionale Ex Deportati politici nei campi nazisti, del cui Consiglio nazionale faceva parte - la sua testimonianza sul ruolo avuto dalle donne nella Resistenza italiana e sulle loro tragiche vicissitudini nei lager nazisti. Questo, soprattutto, Anna Cherchi aveva fatto da quando, nell'estate del 1945, era riuscita a rientrare in Italia, dopo una lunga, estenuante marcia, quasi sempre a piedi, da RavensbrŒck a Bolzano. Era la conclusione di un dramma cominciato quasi due anni prima, quando Anna era diventata staffetta partigiana. Già il 7 gennaio del 1944 i tedeschi, assistiti dai fascisti di Salò, avevano bruciato la casa dei Cherchi, che facevano i contadini nelle Langhe. Anna era riuscita a fuggire ed aveva cominciato la sua lotta come partigiana combattente sino a che, era il 19 marzo 1944, la ragazza, durante un rastrellamento tra Carrù e Dogliani, fu catturata dai tedeschi. Una notte in una prigione improvvisata, poi, in treno, il trasferimento a Torino. Per un mese Anna Cherchi ha fatto la spola tra l'albergo Nazionale, base delle SS, e le carceri Nuove. Per un mese, ogni giorno, è stata torturata, ma nemmeno con le scariche elettriche l'ufficiale nazista che la interrogava è riuscito a farla parlare. Poi il trasferimento, in carro bestiame, da Torino al lager di RavensbrŒck, l'immatricolazione con il numero 44.145, i patimenti, le sevizie (i nazisti, nel gennaio del 1945, dopo averla portata per la bisogna nel lager di Sachsenhausen, hanno estratto ad Anna Carchi, senza anestesia, ben quindici denti sani), il lavoro coatto. Il trasferimento nel sottocampo di Berlin-Schonefeld con nuova immatricolazione (numero 1.721) e nuovi patimenti, sino alla liberazione da parte dell'Armata Rossa il 28 aprile 1945. Questo, ed altro, Anna Cherchi ha testimoniato nelle sue tante conferenze nel "Giorno della memoria" ed ha lasciato scritto nel libro, edito da "dell'Orso" nel 2004, La parola libertà. Ricordando RavensbrŒck.