Antonio Furlan
Costretto ad emigrare in cerca di lavoro, Antonio Furlan era tornato in Italia poco dopo l'inizio della Seconda guerra mondiale. Chiamato alle armi, alla proclamazione dell'armistizio era riuscito a sfuggire alla cattura da parte dei tedeschi. Il giovane bracciante divenne presto uno dei principali organizzatori del movimento partigiano nella zona del Livenza. Così ne ricorda l'opera e la tragica fine la motivazione della ricompensa al valore: "Assertore e propugnatore dell'idea della Libertà, animato da viva fede e da puri ideali, organizzava squadre di volontari, infondendo in essi senso del dovere e spirito di sacrificio. Partecipava, al comando del suo reparto, a numerose azioni di guerra, emergendo per perizia e indomito coraggio. Caduto in una imboscata tesagli dal nemico, esaurite le munizioni, in una strenua difesa, per impedire la cattura di importanti documenti che aveva indosso, sebbene inesperto nel nuoto, si buttava nella Livenza. Catturato fu sottoposto ad inumane torture. Né sevizie, né lusinghe lo piegarono e, nella piena consapevolezza del dovere compiuto, affrontava il patibolo con la serenità degli Eroi". Dopo l'impiccagione di Antonio Furlan, il Battaglione partigiano "Livenza", di cui il bracciante era commissario politico, assunse il suo nome e divenne poi la "Brigata Furlan".