Antonio Iannotta
Laureato in giurisprudenza, aveva interrotto l'attività professionale con lo scoppio della seconda guerra mondiale. Dopo aver partecipato in artiglieria, come ufficiale di complemento, alla campagna militare sul fronte greco-albanese, Iannotta era stato rimpatriato nell'aprile del 1942. Nominato capitano, era stato assegnato all'Ufficio comando del XII Corpo d'armata. All'armistizio, trovandosi a Roma, era entrato subito nel Fronte militare clandestino, guidato dal colonnello Giuseppe Montezemolo. Incaricato di mantenere i collegamenti tra i militari resistenti e le formazioni partigiane operanti nell'Italia centrale, Iannotta aveva operato soprattutto per assicurare i rifornimenti, ma quando Montezemolo fu arrestato e poi fucilato alle Fosse Ardeatine, il capitano divenne uno dei principali riferimenti dei gruppi partigiani nel Lazio. Sino al 4 giugno del 1944, ossia sino alla liberazione di Roma, Iannotta riuscì fortunosamente a sfuggire alle SS e alla polizia fascista che gli davano la caccia. Per la sua attività nella Resistenza, Iannotta - che dopo la Liberazione aveva ripreso la professione d'avvocato e che fu anche consigliere delegato di una Società cinematografica - è stato decorato di Medaglia d'oro. Nella motivazione lo si definisce: "Impareggiabile nell'organizzazione della lotta clandestina, di cui è stato tra i più attivi esponenti nella guerriglia partigiana dell'Italia centrale".