Antonio Roasio
Aveva cominciato a lavorare a 12 anni come "attaccafili" in un lanificio di Biella e già nel 1917 era stato tra gli organizzatori del locale Circolo giovanile socialista. Nell'immediato dopoguerra fu tra gli antifascisti più attivi nella zona e nel 1921 - dopo essere stato membro del Consiglio di fabbrica del lanificio dove lavorava e aver diretto nel settembre 1920 l'occupazione delle fabbriche - contribuì alla costituzione della Federazione comunista di Biella, impegnandosi nel contempo nella lotta armata contro le violenze fasciste. Dopo aver assolto agli obblighi di leva a Bologna, nell'autunno del 1923 il giovane operaio, tornato a Biella, si mise (nonostante fosse ormai quotidianamente preso di mira dai fascisti), ad organizzare la rete comunista semilegale. Fu proprio Roasio che, nel gennaio del 1926, riuscì ad organizzare a Biella il primo Congresso nazionale della Federazione giovanile comunista italiana. Il mese dopo, mentre era occupato, come operaio, nel piccolo lanificio Rivetti - Bertola, Roasio organizzò uno sciopero per ottenere l'applicazione di un accordo per l'aumento del 10 per cento sulla retribuzione degli "attaccafili". Il contratto era stato sottoscritto dal Sindacato tessile fascista con gli industriali biellesi, ma alla Rivetti - Bertola non volevano applicarlo. A Roasio, che era andato a sostenere il buon diritto dei lavoratori, uno dei padroni, ostentatamente fascista, rispose prima con un licenziamento arbitrario e poi, alle proteste dell'operaio, con la minaccia di farlo subito arrestare. Rivetti stava telefonando alla polizia quando Roasio, in uno scatto d'ira di cui ebbe poi sempre a dolersi, sparò due colpi all'indirizzo dell'ufficio e fuggì. Seppe poi che Rivetti era morto e si diede alla latitanza. Soltanto nel 1947 Roasio ottenne l'estinzione, per prescrizione ventennale, della condanna a trent'anni di carcere che gli era stata inflitta in contumacia. Per quasi tutto quel tempo visse praticamente in clandestinità. Prima in Russia, dove era riparato e dove lavorò al Comintern; poi in Spagna dove combatté nelle Brigate internazionali come commissario e quindi comandante del Battaglione "Garibaldi" e dove, nel novembre del '36, fu ferito; poi ancora a Mosca e poi a Parigi, nell'Ufficio estero del PCI, per riorganizzare la rete antifascista in Italia. Quando, nel gennaio del 1943, si porta, ancora clandestinamente, a Bologna, Roasio (col nome di Paolo Silvati), dirige i comunisti dell'Emilia, del Veneto e della Toscana e, dopo l'armistizio, diventa ispettore delle Brigate Garibaldi delle tre regioni. In questa veste organizza il triumvirato insurrezionale della Toscana e, dopo la liberazione di Firenze, è cooptato nella Direzione provvisoria del PCI e si trasferisce a Roma. Allorché potrà riprendere la sua vera identità, Roasio sarà prima segretario regionale del PCI in Emilia e poi, alla testa della Federazione di Torino, pure segretario regionale per il Piemonte. Eletto alla Camera nel 1948 e nella successiva Legislatura, il dirigente comunista (era membro del Comitato centrale), sarà poi senatore della Repubblica fino al 1968. Antonio Roasio è stato anche presidente dell'Associazione italiana combattenti volontari antifascisti in Spagna. Nel 1977 l'editore Vangelista ha pubblicato un suo libro autobiografico: Figlio della classe operaia.