Aristide Del Zotto
Il giovane muratore Aristide è stato richiamato alle armi da tre settimane, inquadrato nell'8° Reggimento Alpini, quando viene proclamato l'armistizio. La sua terra fa parte della Adriatisches Küstenland, per decreto hitleriano. Del Zotto entra nella brigata garibaldina “Dante Di Nanni”, in un primo momento ricoprendo incarichi di staffetta, poi divenendo addetto all'intendenza grazie all'abilità dimostrata in combattimento e nel reperire armi e vettovaglie.
Non a caso il nome di battaglia è “Siluro”: la sua casa è requisita come alloggio dai tedeschi, eppure nottetempo riesce a recuperare coperte e abiti per rifornire i compagni di base in Cansiglio. Nonostante il lavoro di pendolare gli offra una copertura, le ripetute assenze dal paese mettono in sospetto gli occupanti. Per costringere Aristide a consegnarsi arrestano la sorella maggiore, Gigina, che dopo la morte della madre ha dovuto crescere i fratelli più piccoli. Il padre si offre per uno scambio e lo ottiene, tornando in libertà quando Aristide si presenta in caserma a Udine. «Mi hanno strappato tutti i denti e masticherò con le gengive», dirà Aristide ai familiari quando i tedeschi decidono di rilasciarlo.
Nel settembre '44 altri fatti drammatici segnano la vita del combattente. Forse a causa di un informatore, viene ucciso a colpi di mitra l'amico e compagno di brigata Federico Raffin “Sceriffo”, mentre si trovano insieme nella piazza del paese. Poco distante sono fermati e uccisi altri due compagni: Primo Calcherrutti e Giuseppe Nannavecchia. Aristide riesce a nascondersi nel fienile della casa paterna. Sotto gli occhi dei nazisti, a portargli da mangiare simulando una gravidanza per celare i viveri sotto gli abiti, è la sorella Amelia, moglie di un deportato ad Auschwitz. Anche le sorelle minori, Augusta ed Elsa, danno una mano per aiutare “Siluro” e i partigiani.
Il 30 aprile 1945 Aristide Del Zotto, confluito con la sua brigata nella Divisione “Mario Modotti”, è tra i liberatori di Pordenone. Nel dopoguerra lascia l'Italia per mancanza di lavoro. Sposa un'italo-argentina di origini piemontesi e si stabilisce a Buenos Aires, poi nel '63 si trasferisce negli Stati Uniti, dove riesce ad affermarsi come imprenditore edile e ad assumere molti connazionali. Il legame con Cordenons resterà però fortissimo: Aristide tornava spesso in patria, si prendeva cura delle tombe degli amici caduti e partecipava alle attività delle sezioni ANPI.