Arturo Bendini
Da Brescia la sua famiglia si era trasferita in Piemonte, dove Arturo Bendini, dopo l'adesione al PCdI, era diventato sindaco della cittadina alle porte di Torino e, nel 1924, deputato al Parlamento. All'entrata in vigore delle Leggi eccezionali fasciste (novembre 1926), Bendini riuscì ad emigrare clandestinamente. Ciò non gli evitò di essere deferito al Tribunale speciale con altri compagni che, il 4 maggio 1928, furono condannati dai fascisti.
Con Gramsci, Terracini ed altri, Arturo Bendini fu poi anche imputato nel cosiddetto "processone" al Comitato centrale del Partito comunista, ma la sua posizione venne stralciata perché latitante. Lui intanto, era molto attivo nell'emigrazione francese. Nel 1941, l'antifascista italiano fu arrestato dalla polizia del governo collaborazionista di Vichy.
Imprigionato a Gaillac (Aveyron), Bendini restò in carcere per anni, sino a che, il 17 aprile 1944, non fu liberato, con un audace colpo di mano, da un gruppo di Francs-tireurs partisans. Si unì ai partigiani francesi nella lotta armata contro gli invasori tedeschi, fino a perdere la vita nel corso di un'azione.
Nel Comune dove fu sindaco, dopo la Liberazione hanno intitolato una via ad Arturo Bendini; il 3 marzo 2008, l'Unione di Collegno del Partito Democratico, gli ha intestato una Fondazione "per la tutela del patrimonio e dei valori della Sinistra".