Biagio Gionfra
Suo padre aveva fondato a Vignanello la sezione del PCd'I e questo aveva costretto la famiglia, negli anni del regime fascista, a lasciare il paese. Trasferitosi giovanissimo a Milano, Biagio aveva cominciato a fare l'aiuto barbiere in un Salone presso piazza Fontana. Durante la Seconda guerra mondiale, il ragazzo aveva preso a diffondere la stampa clandestina. Essendosi scoperto troppo, in una discussione con un gerarca fascista, cliente del negozio, Gionfra si rese conto che non poteva più restare a Milano. Eccolo, quindi, a 17 anni prendere la via della montagna. Partigiano della 75ma Brigata Garibaldi, Biagio Gionfra partecipa, il 24 aprile 1945, agli scontri per la liberazione di Biella, che si prolungano oltre l'insurrezione generale del 25 aprile. Nel dopoguerra riprende il suo lavoro di barbiere, e al tempo stesso s'impegna nell'organizzazione dell'ANPI. Diventato amico di Giovanni Pesce si presta, quando necessario, a fargli da autista. Nel 1997, tornato al suo paese natale, riprende con maggior foga l'impegno nell'ANPI viterbese e, quando, nel 2003, scompare Luigi Amadori, che dell'ANPI provinciale era il presidente, lo sostituisce nell'incarico. Nel 2004 reca la sua testimonianza sulla lotta partigiana nel documentario di Calisti, Cerra e Antonini Antifascismo a Viterbo e in Italia: storia e cronaca. Ancora nel 2008, Biagio Gionfra era stato tra gli ex partigiani intervistati e fotografati per la Mostra, realizzata da Daniele Vita, Morale della favola. Intervistato da Giuliano Calisti per un articolo su Patria indipendente, il mensile dell'ANPI, aveva concluso con queste parole: "Io sono sempre stato di ideali comunisti e democratici, quindi molto validi, e penso che la guerra sia la cosa peggiore che ci sia, perché porta sempre un danno enorme per la società, con delle conseguenze come l'odio, il rancore e la miseria".