Bruno Caccia
Cattolico fervente il giovane, che era iscritto alla Facoltà di Ingegneria, quando giunse il momento di rispondere alla chiamata alle armi della RSI, si diede alla macchia e raggiunse la Val Chisone. Partigiano della banda autonoma organizzata da Silvio Geuna e operante nella zona del Gran Dubbione in comune di Pinasca (TO), Caccia divenne comandante di distaccamento col nome di copertura di "Brunin". Durante un rastrellamento fu catturato dai tedeschi, che decisero di deportarlo. Dopo una breve sosta nel campo di via Resia, a Bolzano, il ragazzo, nell'ottobre del 1944, fu caricato su una tradotta diretta a Dachau. Da questo lager passò poi a quello di MŒhldorf, dove alcuni mesi dopo (come ricorda una lapide, fatta murare dalla Democrazia cristiana torinese, sulla casa dove "Brunin" abitava in corso Vinzaglio), fu arso vivo.