Cipriano Scarfò
Cresciuto in una famiglia di artigiani, Cipriano Scarfò è un abile armiere che costruisce manualmente fucili da caccia nell'officina situata al centro di Taurianova. In seguito alla caduta del fascismo e alla vigilia dell'Armistizio, nell'estate del '43, la piana di Gioia Tauro è bersaglio di numerosi bombardamenti alleati che inducono la popolazione a spostarsi nelle campagne circostanti. Anche la famiglia di Cipriano – moglie e sei figli – trova rifugio in una casetta in Contrada Chiusa, sulla provinciale che dalla città conduce a Polistena. Lì vicino, in una distesa di ulivi secolari, è acquartierata la 29ª Divisione tedesca Panzergrenadier dopo l'evacuazione dalla Sicilia.
Il 25 agosto 1943, come tutte le mattine, Scarfò percorre la carrabile che costeggia l'accampamento militare per andare ad aprire la sua bottega. Quel giorno, però, non è uguale agli altri: “Attendevamo papà per il pranzo – ricorda il figlio Benito in un'intervista allo storico Rocco Lentini – ma lui non arrivò”. Nel pomeriggio si diffonde la notizia che è stato arrestato dai nazisti in piazza Duomo e portato via su un autocarro, con l'accusa di aver tagliato i fili delle comunicazioni del campo tedesco. Vani sono i tentativi da parte di conoscenti e amici che si trovano sul posto, tra cui alcune tra le persone più stimate del paese, che ne chiedono il rilascio poiché sicuramente deve esserci stato un errore di persona.
Secondo varie testimonianze, in realtà, Cipriano era in rapporti con il gruppo di socialisti che stava progettando la ricostituzione di un comitato antifascista a Taurianova. E in passato aveva manifestato idee libertarie e “disfattiste”, oltre ad aver perduto l'opportunità di lavorare alla BPD, Bombrini Parodi Delfino, industria chimica di Colleferro che produceva esplosivi, per non aver mai voluto prendere la tessera del PNF. Una volta era stato l'unico a non alzarsi in piedi durante la lettura del bollettino di guerra alla radio, come imponevano le disposizioni di Starace, provocando l'ira del maggior gerarca locale.
All'imbrunire, moglie e figli di Cipriano si presentano al campo per scongiurare il comandante, il generale Walter Fries, di liberare un padre di famiglia. Non riescono a parlare con nessuno, sono scacciati brutalmente, minacciati con le armi. Si verrà a sapere che Scarfò è stato processato sommariamente e condannato a morte per sabotaggio. Alle 14.30 la sentenza era già stata eseguita: lo hanno legato a un ulivo e fucilato al petto. “Vigliacchi!”, ha gridato Cipriano ai suoi assassini. Il giorno del funerale non fu consentito l'ingresso in chiesa e tutto si svolse in un clima di sgomento e di paura.
Solo da pochi anni, a Taurianova, una targa ricorda il sacrificio di questo eroe. In tempi recenti, poi, la ricerca storiografica ha ampliato e approfondito il concetto stesso di Resistenza, estendendolo a quella non armata, delle donne e dei civili, non solo del Settentrione, non solo dopo l'8 settembre. E ha innalzato il contributo del Sud a vera e propria “partecipazione” alla Liberazione d'Italia.