Didimo Ferrari
Nato in Francia, dove i suoi genitori erano emigrati in cerca di lavoro, Didimo aveva trascorso l'infanzia nel Reggiano, a Campegine. Qui era entrato giovanissimo nell'organizzazione comunista clandestina. Non aveva ancora vent'anni quando, incappato nelle mani della polizia fascista, finì per la prima volta davanti al Tribunale speciale. Amnistiato, riprese subito l'attività politica così che, dopo un nuovo arresto, nel 1934 fu condannato a cinque anni di confino, che trascorse a Ponza e alle Tremiti. Dopo la caduta del fascismo, il giovane bracciante antifascista tornò nel paese dove era cresciuto e, quando sopravvenne l'armistizio, fu tra i primi organizzatori della Resistenza in provincia di Reggio Emilia. Nel gennaio del 1944, catturato dai fascisti, "Eros" (questo il suo nome di battaglia) fu rinchiuso nelle carceri dei Servi. Ma ci restò poco. Riuscito fortunosamente ad evadere, il mese dopo ebbe dal CLN l'ordine di raggiungere, con l'incarico di commissario politico, le formazioni partigiane operanti sull'Appennino reggiano-modenese. A marzo, nei cruenti scontri di Cerrè Sologno (nei quali caddero anche sette patrioti), fu proprio l'intervento di "Eros" e dei suoi uomini a risolvere i combattimenti a favore dei partigiani, che - ormai forti di 7.000 uomini inquadrati in sei Divisioni - riuscirono a liberare la zona montana dai nazifascisti. "Eros" si occupò anche dell'organizzazione della vita civile nella zona liberata, che prese il nome di "repubblica di Montefiorino", promuovendo l'opera di democratizzazione delle Amministrazioni comunali. Curò inoltre la compilazione de Il Garibaldino e del Partigiano, fogli diffusi tra le formazioni partigiane della montagna reggiana. Didimo Ferrari fu infine nominato commissario del Comando unico di zona a Reggio Emilia. All'indomani della Liberazione svolse attività di dirigente politico e fu segretario dell'A.N.P.I. reggiana. Decise, quindi, di emigrare di nuovo. Dopo qualche anno, tornò a Reggio, dove morì prematuramente.