Don Elio Monari
Nato a Spilamberto (Modena) il 25 ottobre 1913, trucidato a Firenze nel luglio del 1944, sacerdote, Medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria.
Di famiglia contadina, don Elio Monari era stato ordinato sacerdote nel 1936 ed aveva cominciato ad insegnare Lettere all'Istituto San Carlo di Modena. Dopo l'armistizio, don Elio fu tra i primi a Modena ad impegnarsi nella Resistenza, nel ruolo che meglio gli si confaceva: prestare aiuto ai militari italiani sbandati, agli ex prigionieri alleati, agli ebrei e ai patrioti che stavano per essere deportati in Germania. Ben presto il sacerdote si trovò a capo di un'organizzazione clandestina, ramificata dalla Svizzera a Roma, che riuscì a portare in salvo decine e decine di persone. Don Elio riuscì ad operare, senza destar sospetti, sino al febbraio del 1944, quando, con l'aiuto di medici ed infermieri, riuscì a far evadere dall'Ospedale civile di Modena un partigiano ferito che vi era ricoverato: il maestro Alfeo Martini, con un abito talare portato dal sacerdote, riuscì ad eclissarsi, ma l'attenzione della polizia fascista finì su don Elio, che qualche mese dopo dovette lasciare Modena e rifugiarsi in montagna. Qui don Monari divenne cappellano partigiano della Brigata "Italia", anche se non disdegnava di prestare il suo sacerdozio presso tutte le formazioni partigiane con le quali veniva in contatto. Fu proprio questa sua pietas a perderlo. Il 5 luglio del 1944, durante un rastrellamento e negli scontri che ne seguirono, un ufficiale tedesco era caduto, gravemente ferito, a poca distanza da una postazione partigiana, Don Elio uscì allo scoperto e raggiunse il soldato nemico morente per amministrargli i sacramenti. Il prete stava ancora confortando il moribondo quando i nazifascisti lo catturarono. Tradotto da Pievelago a Firenze nella famigerata "Villa Triste", don Monari vi fu torturato per dieci giorni. Poi viene eliminato con altri partigiani, dei cui corpi non è stata trovata traccia per molto tempo. L'ultimo indizio su don Elio: una tonaca, notata da una donna che il 16 luglio era andata in via Bolognese, dove stanziavano i fascisti della Banda Carità; l'abito talare era stato gettato tra le immondizie. Il corpo di don Elio e degli altri con cui aveva condiviso la sorte viene ritrovato 12 anni dopo nel parco delle Cascine.