Donato Bottero
Subito dopo l'armistizio, Bottero raggiunse, nella zona di Limone Piemonte, le formazioni partigiane che vi si erano costituite sotto la guida di Duccio Galimberti. Nell'inverno Bottero riuscì a sfuggire ai massicci rastrellamenti compiuti dai tedeschi, nascondendosi per mesi, con pochi altri compagni, in una sperduta casa di campagna. Nel febbraio del 1944 era però già attivo nelle formazioni di "Giustizia e Libertà". Il mese dopo finiva nelle mani dei tedeschi.
Trasferito alle carceri Nuove di Torino, vi fu torturato per settimane. Subì le sevizie con grande forza d'animo, senza rivelare nulla ai suoi aguzzini. Il 7 aprile, Bottero fu prelevato dalla sua cella e trasportato a Caluso. Qui fu addossato, con altri quindici patrioti, al muro di cinta dell'ospedale civile e fucilato. I cadaveri dei partigiani furono poi sepolti dai nazisti in una fossa comune, senza alcun segno di riconoscimento. I parenti delle vittime poterono iniziare l'opera d'identificazione e di recupero delle salme soltanto dopo la Liberazione.