Edoardo Cecere
Comandava a Forlì il Deposito dell'11° Fanteria e dopo l'armistizio, rifiutando l'arruolamento nell'esercito repubblichino, raggiunse le prime formazioni partigiane. L'esperienza militare dell'ufficiale si rivelò particolarmente utile quando i patrioti dell'8a Brigata Garibaldi, pressati da ingenti forze nazifasciste, dovettero sganciarsi e uscire dall'accerchiamento. Tornato in pianura il colonnello Cecere si mise a disposizione del CLN clandestino di Forlì. Perduto il figlio durante il bombardamento aereo del 19 maggio 1944, Cecere fu ospitato per un paio di mesi da amici fidati. Il 9 agosto 1944, mentre si trovava nella Canonica di San Martino Villafranca, fu sorpreso dalle SS tedesche che, in collaborazione con i fascisti forlivesi, non avevano mai cessato di dargli la caccia. Incarcerato, fu per quasi un mese sottoposto a percosse e torture di ogni genere, poi i tedeschi decisero di eliminarlo in quella che è ricordata, a Forlì, come la strage dell'aeroporto. Edoardo Cecere fu trasportato, con altri prigionieri delle SS, nel campo d'aviazione e abbattuto, mentre i militi della GNR montavano la guardia, con un colpo di pistola alla nuca. Il suo corpo, come quello di altri diciassette sventurati (sei donne, nove ebrei e due partigiani), si abbatté nel grande cratere lasciato da una bomba. Nel dopoguerra, una via di Forlì è stata intitolata ad Edoardo Cecere.