Emiliano Rinaldini
Figlio di un piccolo commerciante, aveva conseguito il diploma di maestro e s'era subito distinto per la passione nell'insegnamento. Nella primavera del 1943 fu tra i promotori di un Gruppo d'Azione Politica che si trasformò poi, per ragioni di prudenza, in Gruppo d'Azione Sociale con finalità caritative e assistenziali. In questo contesto Emiliano maturò la sua profonda avversione al fascismo, condivisa anche dai fratelli Federico e Luigi e dalla sorella Giacoma. Stretti contatti con cattolici e sacerdoti antifascisti, Rinaldini si diede alla diffusione di stampa clandestina e contemporaneamente assolse a compiti di collegamento con i primi partigiani delle valli bresciane, industriandosi a procurare loro viveri e l'occorrente per resistere alla macchia. Nel febbraio del 1944, con i bandi della RSI (che chiamavano alla leva i giovani del '22, minacciando di punire i renitenti con la pena di morte), il maestro si presentò all'arruolamento. Pensava di poter continuare con la propaganda antifascista tra le truppe della repubblica saloina, ma di fronte alla realtà di essere inviato in Germania per seguire l'addestramento militare, prese la via della montagna. Sopra Bovegno costituì, diventandone vice comandante, una formazione partigiana, il gruppo "S 4", che aderì alla Brigata Fiamme Verdi "Giacomo Perlasca". Alla lotta ai nazifascisti, condotta con la sua formazione, Rinaldini abbinò un costante impegno personale verso le popolazioni locali, organizzando le piccole comunità e diffondendo i princìpi dello scoutismo. Nella notte fra il 6 e il 7 febbraio 1945, il suo gruppo fu sorpreso casualmente a Odeno dalle forze repubblichine inquadrate nel 40° Battaglione Mobile della GNR di Costo. Rinaldini non riuscì a sottrarsi all'arresto. Nei giorni seguenti fu percosso e ripetutamente interrogato e il 10 febbraio fu ricondotto nella zona di Pertica Alta, perché indicasse dove si trovava un deposito di armi. Ma il maestro non parlò. I fascisti, dopo averlo costretto a togliersi le scarpe, finsero allora di offrirgli la possibilità di fuggire. Su un sentiero di Belprato in Valle Sabbia, Rinaldini fu abbattuto con quattordici colpi di mitra sparati alle spalle. Ad Emiliano Rinaldini (uno dei suoi fratelli, Federico, è morto a 22 anni nel lager di Mauthausen), dopo la Liberazione sono state intitolate strade in molti comuni del Bresciano. Portano il suo nome anche la Scuola media statale di Flero, una scuola elementare di Ghedi e, a Brescia, in condivisione con quello del cardinale Giulio Bevilacqua, il Collegio maschile "Famiglia universitaria", inaugurato nel 1965.