Enrico Giachino
Dopo essersi diplomato all'Istituto tecnico Sommeiler, si era impiegato alla Fiat e si era iscritto alla facoltà di Economia e Commercio dell'Università di Torino. Studi, lavoro e attività sportiva (aveva conquistato i titoli di campione universitario dei 100 e 200 metri piani) furono interrotti dalla chiamata alle armi. Giachino, sottotenente del 15° Reggimento Autieri, al momento dell'armistizio si trovava in licenza a Torino. Si premurò di presentarsi subito al Comando militare piazza, per mettersi a disposizione per la difesa della città dai tedeschi. Quando capì che quel Comando aveva deciso di capitolare, il sottotenente raggiunse la Valle di Lanzo e nella zona di Viù si mise ad organizzare le prime bande armate della Resistenza, raggruppando militari sbandati e operai sfollati. A fine ottobre, tornato nel capoluogo piemontese, ebbe l'incarico di organizzare le formazioni "Matteotti" cittadine e di rappresentarle (il suo nome di battaglia era "Erik"), nel Comitato militare regionale piemontese. Giachino, nell'aprile del 1944, fu sorpreso con gli altri antifascisti del Comitato, che si era riunito nella sacrestia del Duomo, sommariamente processato e fucilato al Poligono Nazionale di tiro del Martinetto con sette dei suoi compagni. La motivazione della Medaglia d'Oro recita: "Magnifico esempio di eroismo, dalla data dell'armistizio a quella del martirio, assolveva senza sosta importanti e pericolosi incarichi per il potenziamento delle formazioni partigiane. Arrestato ed invitato a collaborare con il nemico in cambio della vita e della libertà, rifiutava sdegnosamente resistendo anche allo strazio della madre presente all'interrogatorio. Processato e condannato a morte affrontava con fiero stoicismo il plotone di esecuzione e al grido di " Viva l'Italia!" offriva la propria vita in Olocausto alla rinascita della Patria". Vie di Roma e di Torino portano il nome di Enrico Giachino.