Eraclio Cappannini
Aveva appena concluso gli studi all'Istituto industriale di Foligno quando, nel novembre del 1943, il giovane entrò nella formazione partigiana dalla quale sarebbe sorta la V Brigata Garibaldi operante nell'Anconetano. Nominato capo di stato maggiore, Cappannini nel gennaio del 1944 partecipò ai combattimenti contro i nazifascisti a Serra San Quirico e nell'aprile successivo a quelli nei dintorni di Cabernardi. Fu anche l'artefice, con i suoi uomini, del sabotaggio dello stabilimento Snia Viscosa di Arcevia, che non poté più produrre per i nazisti. Per stroncare le azioni dei partigiani, i tedeschi sottoposero tutta la zona ad un massiccio rastrellamento e fu proprio in quella circostanza che Eraclio Cappannini fu catturato con i suoi compagni Giuseppe Latieri, Giuseppe Milletti, Marino Patrignani e Dealdo Scipioni. Era il 4 maggio del 1944. Il giorno dopo i cinque partigiani furono passati per le armi dai nazifascisti. Su un foglio di carta trovato in terra Cappannini riuscì a scrivere un commovente messaggio ai genitori. Un attimo prima che partissero le scariche, Patrignani si tolse le scarpe e le scagliò contro i carnefici gridando: «Viva l'Italia libera». Le vittime del rastrellamento tedesco in quella che, nella zona, è ricordata come "la battaglia di Arcevia", furono sessantacinque.