Erminio Ferretto
Giovane antifascista, nel luglio del 1937 decise di espatriare clandestinamente per dare il suo contributo alla difesa della Repubblica spagnola. Giunto in Spagna e inquadrato nella XII Brigata internazionale, Ferretto combatté valorosamente in Aragona, sull'Ebro e in Estremadura. Caduta la Repubblica riparò in Francia, dove fu internato e, successivamente, consegnato alla polizia italiana. Processato e inviato al confino, rimase a Ventotene dal giugno del 1941 sino alla caduta del fascismo. Nel settembre del 1943, riacquistata la libertà e tornato in Veneto, Erminio Ferretto s'impegnò subito nell'organizzazione della lotta partigiana nella Val Cellina. Dopo aver militato in varie formazioni, divenne comandante del battaglione Garibaldi intitolato a Giovanni Felisati, un partigiano caduto. Dall'autunno 1944 operò nel trevigiano fino a quando verrà ucciso nella notte tra il 5 e 6 febbraio 1945 a Bonisiolo di Mogliano Veneto. Sull'episodio esistono numerose e differenti testimonianze risalenti a momenti diversi, ma non è stato ritrovato negli archivi nessun documento ufficiale delle autorità fasciste. La testimonianza più nota, contenuta nello scritto «Erminio Ferretto “el Venezian”» di De Bei, Pettenò racconta di una condizione di particolare logoramento fisico e psicologico del battaglione e del gruppo di comando, braccati da tempo dai fascisti e ospiti nella casa colonica della famiglia mezzadrile di Ferdinando Pavan, base non ancora nota alle brigate nere. Il 5 febbraio tre staffette, due uomini e una donna, inviate a Combai per raggiungere Munaretto e Pettenò che da gennaio erano rientrati nella brigata “Mazzini”, ritornarono con la risposta dei due, in cui si sconsigliava al gruppo di rifugiarsi in montagna. Dopo aver riferito, le staffette si allontanarono ma a Casale sul Sile vennero fermate dai fascisti; solo la donna riuscì a sfuggire e tornò ad avvisare dell'arresto Erminio Ferretto. A quel punto,“el Venezian” decise di spostare due squadre in altri rifugi e di restare con il comando, composto anche dal cugino Martino Ferretto “Sergio”, Ettore Mestriner, Giuseppe Bresolin e Giuseppe Battaglia. Quando in piena notte, guidate da una dalle staffette arrestate, arrivarono le brigate nere, circa una trentina, Mestriner e Bresolin erano in casa, al piano di sopra, mentre gli altri tre erano nella stalla. La masseria venne perquisita e vennero anche fatti uscire i buoi. Nella confusione i partigiani, che avevano occultato le armi, cercarono di nascondersi: chi si trovava in casa si appiattì sotto il letto di una donna che aveva partorito da poco e non venne individuato, Bepi Battaglia salì sul tetto del fienile e benché ferito riuscì a fuggire. Erminio e Martino Ferretto si nascosero nella mangiatoia degli animali, cercando di mimetizzarsi nel fieno ma i brigatisti frugarono più volte con i forconi. Martino, colpito in una gamba riuscì a trattenersi, mentre Erminio, ferito alla gola o all'inguine, emise un grido e venne individuato. Fatto uscire allo scoperto venne ucciso con una raffica di mitra. Dopo la sua morte la formazione, una volta riorganizzatasi, prese il suo nome.