Ernesto Venzi
Membro, dal 1930, della Federazione comunista clandestina del capoluogo emiliano, fu arrestato il 7 novembre di quell'anno mentre era riunito, con altri suoi compagni, per celebrare la Rivoluzione d'ottobre. Deferito al Tribunale speciale con dodici coimputati, Venzi fu condannato a 9 anni di reclusione (la pena più alta inflitta dai giudici, che ritennero essere l'artigiano il capo del gruppo). Durante gli interrogatori Venzi subì tali e tante sevizie, che rimase permanentemente invalido. Ciononostante, dall'ottobre del 1943, col nome di copertura di "Nino", fu tra gli organizzatori dei primi gruppi della Resistenza nel Bolognese e poi, trasferitosi a Belluno, nella Valle del Vajont.
Rientrato successivamente in Emilia, "Nino" fu tra i promotori, con pochi altri, della costituzione della 36a Brigata Garibaldi "Bianconcini", della quale divenne vice comandante durante i combattimenti dell'estate 1944. Dopo il passaggio, nell'ottobre, della formazione al di là della Linea Gotica, Venzi continuò a combattere contro i nazifascisti nelle file del "Gruppo di combattimento "Cremona".
Dopo la Liberazione, Ernesto Venzi si attivò perché, il 22 settembre 1946, venissero degnamente ricordate le vittime delle stragi perpetrate dai tedeschi a San Ruffillo (94 persone, tra donne e uomini, prelevati dalle carceri di Bologna, massacrati e buttati nei crateri aperti dai bombardamenti). Sua l'epigrafe che suonava: "In queste fosse/ rosse di sangue innocente/ risuona/ dalla voce dei martiri/ grande l'Italia/ Nel sacrificio/ e nella fede/ riposano uniti/ ammonendo i vinti/ che negarono libertà/ ed amore". Di Venzi è stata anche recuperata una canzone contro la guerra. Si intitola: Primavera giovanile.