Eugenio Banzola
Lavorava in un caseificio quando fu chiamato per il servizio di leva e arruolato negli Alpini. Era l'agosto del 1943. Poco più di un mese, l'annuncio dell'armistizio e il "tutti a casa". Per il giovane, in realtà, si trattò della prima presa di contatto con la Resistenza. Poi l'ingresso, con il nome di battaglia di Ricci, in una formazione di "Giustizia e Libertà": la Brigata "Pablo". Mesi di sacrifici, di azioni coraggiose. Poi, quando si profilava imminente la Liberazione, lo scontro con preponderanti forze nemiche e la morte.
Così la motivazione della Medaglia d'oro alla memoria - decretata nel 1976 dal Presidente della Repubblica Giovanni Leone - dice di Eugenio Banzola: "Partigiano combattente, dopo aver per lungo tempo collaborato con il movimento di resistenza della provincia di Parma, si arruolava nella Brigata "Pablo ". Nel corso di un violento scontro sostenuto da pochi partigiani contro forze nemiche consistenti in centinaia di uomini, dopo essersi lanciato coraggiosamente per ben due volte al contrassalto, veniva gravemente ferito alle gambe da una raffica di arma automatica. Immobilizzato, continuava a combattere finché, esaurite le munizioni e scagliate sull'avversario le sue ultime bombe a mano, veniva sopraffatto e catturato, e veniva interrogato per un'intera notte, nel corso della quale allo strazio delle ferite, l'avversario inferocito, per strappargli nomi di compagni e notizie sulle formazioni partigiane, aggiungeva il martirio di altre orrende sevizie. Irrigidito in uno stoico ostinato silenzio, affrontava serenamente la tortura e la morte pur di non tradire. L'immagine del suo corpo denudato, legato, brutalmente evirato e stroncato dall'ultima rabbiosa raffica, rimase ad indicare vergogna per gli aguzzini traditori ed un riferimento di luce sulla via per l'affermazione dei supremi valori della libertà".
In località Pettenello, a Felino, un cippo ricorda il sacrificio di "Ricci" e dei suoi compagni.