Ezio Rizzato
"Fiero incitatore alla rivolta contro l'oppressore, inquadratosi in una formazione partigiana, partecipava a numerose azioni dando prove continue dì valore e di ardimento. Menomato fisicamente in seguito a caduta in un burrone durante l'allestimento a lui affidato di un campo di aviolanci in terreno impervio di montagna, non volle abbandonare la lotta e, alla testa del proprio reparto, partecipava, primo fra i primi, a tutte le azioni dando sublime prova di valore. Durante una potente azione offensiva nemica, avente per obiettivo la eliminazione della formazione Valdossola, allo scopo di salvare da sicura cattura i partigiani feriti, si impegnava in cruenti scontri. Ferito, veniva fatto prigioniero e non gli furono risparmiate le torture ed i martirii che ridussero il suo corpo una massa di sanguinante e dolorante carne. Trascinato al supplizio, prima di esalare lo spirito indomito, attingeva dalla sua ardente passione ancora la forza di scoprirsi il petto e gridare: "Viva l'Italia libera"". Questa la motivazione della massima ricompensa al valore concessa alla memoria di Ezio Rizzato, uno dei quarantadue martiri di Fondotoce, tra i quali era anche una giovane donna, Cleonice Tomassetti. Il giovane, tenente di complemento di artiglieria al momento dell'armistizio, era diventato l'aiutante maggiore della Divisione partigiana "Valdossola" ed era stato ferito e catturato il 18 giugno sul Gridone, nel versante italiano della frontiera con la Svizzera. Portato a Malesco e sottoposto a tortura, fu poi trasferito con altri prigionieri ad Intra e rinchiuso nelle cantine di Villa Caramora, base delle SS. Di qui, prelevato con altri 42 compagni, Rizzato fu costretto a trascinarsi a piedi, attraverso Pallanza e Suna sino in prossimità di Verbania, al seguito di un cartello retto da altri due prigionieri che diceva: "Sono questi i liberatori d'Italia oppure sono banditi?". Tutti i partigiani vennero fucilati a gruppi di tre, sul greto del canale che congiunge il lago di Mergozzo al lago Maggiore. Soltanto uno di loro, Carlo Suzzi di Pallanza, rimasto ferito sotto il mucchio di cadaveri, si salvò. Dopo la Liberazione, l'Università di Torino ha conferito a Ezio Rizzato la laurea ad honorem in Ingegneria.