Fortunato Picchi
La sua famiglia (Ferdinando e Iacopina Pazzi avevano sette figli), si era trasferita nella Val Bisenzio. Nel novembre 1915, Fortunato era partito per combattere, nella Prima guerra mondiale, sul fronte macedone "con fedeltà ed onore". Nel 1921, nuova partenza dal Pratese, questa volta per l'Inghilterra, dove il giovane trova lavoro come cameriere al "Savoy" e dove diventa, in breve, vice direttore di sala del lussuoso albergo londinese. Nel 1940 Picchi aderisce al "Free Italy Movement", un'associazione di antifascisti italiani; ciò non gli eviterà (quando l'Italia entra nel secondo conflitto mondiale), l'internamento sull'isola di Man. Quando, di lì a poco, potrebbe tornare liberamente al suo ben remunerato lavoro, chiede di potersi battere contro il fascismo. Gli inglesi lo arruolano nei pionieri del Genio, ma Picchi, nonostante non sia più giovanissimo, chiede e ottiene di entrare nei paracadutisti. Sottoposto a un durissimo addestramento, entra nei reparti speciali dell'Esercito britannico e il 10 febbraio 1941 è paracadutato, con un gruppo di sabotatori inglesi, fra Avellino e Potenza. Gli incursori attaccano impianti e vie di comunicazione, fanno saltare un ponte, danneggiano l'Acquedotto pugliese. Prima di ogni azione, Picchi si preoccupa di far allontanare dalle zone pericolose i contadini che vi abitano. Quando il commando tenta di raggiungere la costa, dove un sommergibile dovrebbe recuperarlo, è intercettato da reparti dell'Esercito regio e dai carabinieri. Per i "commandos" inglesi si apre la strada dei campi di concentramento, per Picchi quella del Tribunale speciale per la difesa dello Stato. Condannato a morte per tradimento, Fortunato Picchi fu fucilato, il giorno dopo la sentenza, al Forte Bravetta.
Nel 2004 Alessandro Affortunati, (che nel 1999 aveva avuto dal Comune di Carmignano l'incarico di effettuare una ricerca sull'antifascismo nel Montalbano – zona collinare fra Prato e Pistoia – e aveva scoperto la figura di Picchi), ha pubblicato con le edizioni "Pentalinea": Di morire non m'importa gran cosa. Fortunato Picchi e l'operazione Colossus. Era proprio il libro che avrebbe voluto scrivere Franco Lucentini (malato di cancro, morì suicida a Torino nel 2002), che ne aveva parlato più volte con Carlo Fruttero e col fratello Mauro. Non solo: in polemica con Galli Della Loggia, il famoso romanziere (che studente universitario era finito in carcere per antifascismo), aveva scritto, come ricorda Carlo Onofrio Gori: "...chiudo con un pensiero alla memoria di ... Picchi... I giornali italiani ne dettero l'annuncio in quattro righe e nessuno di poi ne parlò più. Il suo nome non compare in nessuna delle storie della Resistenza (c'è nell'Enciclopedia delle edizioni "La Pietra", n.d.r). Sarebbe forse ora di ricordarsene e di portare qualche fiore sulla sua tomba...". A Fortunato Picchi il Comune di Vaiano (FI) ha intitolato il ponte della Tignamica.