Francesco Daveri
Militante antifascista d'orientamento cattolico, dopo la caduta del regime fu tra i più attivi organizzatori della vita democratica a Piacenza. Daveri era molto stimato professionalmente, ma i suoi concittadini ricordavano soprattutto che proprio l'avvocato, dopo l'arresto di Mussolini, ne aveva bruciato pubblicamente un ritratto. Nello studio del legale, dopo l'armistizio, si tennero (Daveri rappresentava la DC), le prime riunioni clandestine del CLN locale. Ma i fascisti non avevano dimenticato il gesto clamoroso dell'avvocato. Fu così che, nel marzo 1944, Daveri fu processato, in contumacia, da un Tribunale straordinario, che lo condannò a cinque anni di reclusione. Per sfuggire alla cattura, il legale espatriò in Svizzera e, a Lugano, prese contatto con una delegazione del CLNAI, per il quale organizzò una rete informativa collegata ai servizi degli Alleati. Un mese dopo, Daveri era già a Milano, sotto il falso nome di Lorenzo Bianchi. D'intesa col CVL, mise in atto un piano che, oltre a mantenere i collegamenti tra le formazioni partigiane e gli Alleati, ne dirigeva anche gli aviolanci. L'attività di Daveri e del suo gruppo si sviluppò con successo sino al 18 novembre 1944. Quel giorno, l'avvocato piacentino cadde nelle mani della polizia tedesca. Sottoposto a estenuanti interrogatori, seppe far ricadere su di sé ogni responsabilità, consentendo così la liberazione degli altri arrestati. Tradotto con altri detenuti dal carcere di San Vittore a Bolzano, Francesco Daveri, dopo due settimane di permanenza nel campo di Bolzano-Gries, fu deportato il 4 febbraio 1945 a Mauthausen e di qui a Gusen. Vi morì dopo due mesi, stroncato dalle sofferenze fisiche e morali. A Piacenza, in memoria di Daveri, il Comune, oltre che intitolargli una strada (la stessa dove sorgeva lo studio), ha fatto apporre al n° 4 una lapide che ne ricorda il sacrificio.