Francesco Prato
Militante socialista negli anni precedenti la Prima guerra mondiale, maturò da autodidatta una notevole preparazione politica e culturale. Nel 1920, a Torino, aveva preso parte all'occupazione delle fabbriche ed aveva assunto il comando delle "Guardie rosse" dello stabilimento nel quale lavorava. Nel 1921, Prato, che era passato al PCdI, fu tra i difensori dell'Ordine Nuovo dagli assalti delle squadracce fasciste. Durante gli anni del regime, l'operaio visse appartato, ma nel dicembre del 1943, con la figlia Marcella, di 22 anni, riprese i contatti col suo partito e rappresentò i comunisti nel CLN comunale che si era costituito a Vicoforte. Nei giorni della Liberazione, a nome del CLN, Francesco Prato aveva offerto la resa ai soldati tedeschi che presidiavano la zona. Per tutta risposta, la notte del 29 aprile, una pattuglia della 34ª Divisione "Brandeburg" in ripiegamento dalla Liguria, setacciò le abitazioni di Vicoforte alla ricerca di Francesco Prato. Lo trovarono, con i suoi famigliari, mentre dormivano in un modesto fabbricato a ridosso del Santuario di Vicoforte. I Prato furono fatti rivestire e trucidati a raffiche di mitra nel giardino della loro casa. Accanto a quello di Francesco furono ritrovati i corpi della figlia, quello della moglie (Giovanna Ratto), di 44 anni, e quello del figlio quindicenne, Franco. A Vicoforte è stato eretto un cippo per ricordare l'eccidio.