Francesco Rigoldi
Era operaio alla "Bicocca" e, nello stabilimento milanese della Pirelli, era diventato, nel 1940, militante comunista. Due giorni dopo la caduta di Mussolini, Rigoldi era stato designato membro della commissione interna della fabbrica e, subito dopo l'armistizio, responsabile del PCI per la zona di Sesto San Giovanni. Arrestato il 27 aprile del 1944 e destinato in un lager in Germania, il primo luglio Rigoldi riuscì a scendere dal treno e ad evitare la deportazione. L'operaio della Pirelli, raggiunta una formazione partigiana dell'alta Bergamasca, pochi giorni dopo entrò a far parte della 52a Brigata Garibaldi operante nella zona di Sala Comacina. Il 22 dicembre del 1944, dopo uno scontro della 52a con le Brigate nere, il partigiano cadde nelle mani dei fascisti. Rinchiuso nelle carceri di Como e sottoposto a tortura, Rigoldi fu condannato a morte e fucilato, con altri quattro partigiani, contro il muro di cinta del poligono di tiro di Camerlata. Prima di essere mandato a morte, Rigoldi potè mandare alla moglie un biglietto che diceva: "Quando riceverai questa mia, non sarò più di questo mondo. Perdonami, avevo sognato un mondo di felicità, così invece ti lascio sola con due bambini. Abbi per essi tutte le cure che so che tu ne hai perché sei buona. Muoio col vostro nome sulle labbra sperando in una eternità migliore che non ho trovato in questa vita. Tanti bacioni ai bambini, un ultimo abbraccio a te e saluti a tutti". A Francesco Rigoldi è attualmente intitolata, nel quartiere milanese di Niguarda, l'Unità di base dei Democratici di sinistra.