Gaetano Invernizzi
Quando era nato ad Acquate in una famiglia di artigiani tappezzieri, il piccolo borgo non era stato ancora incorporato nel Comune di Lecco. Se ne era allontanato quando era stato mobilitato per la Prima guerra mondiale e ne era tornato avendo maturato a Torino, dove il suo Reggimento era di stanza, ideali socialisti.
Ad Acquate i primi scontri con i fascisti lecchesi, che lo inducono a lasciare l’Italia e a spostarsi in Francia con la sua compagna, Franca Ciceri, di cinque anni più giovane di lui. Qui comincia la trafila comune a quasi tutti gli antifascisti in quel periodo: l’impegno sindacale tra i nostri emigrati, l’esperienza in Unione Sovietica, il ritorno da clandestino in Italia nel 1935 con Franca che, nel 1925, ha sposato a Parigi.
Un anno di attività contro il regime fascista e poi l’arresto. Gaetano Invernizzi, condannato a 14 anni dal Tribunale speciale, rimarrà in carcere sin dopo il 14 luglio 1943. Di anni di prigione a Franca (nome di copertura “Vera”) ne sono inflitti 8, che sconterà in parte a Perugia.
Dopo l’armistizio gli Invernizzi salgono ai Piani d’Erna, sulle prealpi lecchesi e qui costituiscono e organizzano la prima formazione partigiana della zona, la Brigata “Carlo Pisacane”. La “Pisacane” sarà disarticolata e distrutta nel primo rastrellamento nazifascista, ma Invernizzi riuscirà a raggiungere Milano, dove supererà un pesante intervento chirurgico, organizzerà gli scioperi del marzo 1944 e continuerà la lotta antifascista sino alla Liberazione.
Nel primo dopoguerra Invernizzi è uno dei dirigenti della CdL di Milano; nel 1947 subentra a Giuseppe Alberganti alla guida della più grande Camera del Lavoro d’Italia; è eletto deputato per il PCI; è chiamato da Di Vittorio a Roma a dirigere il Sindacato degli alimentaristi, ma nel 1954 si deve dimettere perché il cancro che lo affligge avanza inesorabile. Morirà prematuramente a Milano di dove, dopo la cerimonia funebre alla CdL, la sua salma sarà portata nel piccolo cimitero di Acquate.