Giacomo Ferrari
Nato in un'agiata famiglia borghese, Giacomo Ferrari crebbe in un ambiente intriso di valori patriottici e aperto alle correnti politiche progressiste. Il padre Ottavio fu a capo del mazzinianesimo nel Parmense e garibaldino a Mentana. Giacomo maturò presto interesse per il socialismo scientifico e nel 1902 aderì al partito socialista. Dopo gli studi liceali a Parma, frequentò il Politecnico di Torino conseguendo la laurea in ingegneria industriale. Prese parte alla Prima guerra mondiale come tenente d'artiglieria, trascorrendo un anno in trincea. Congedato nel 1920, fece ritorno a Parma e lavorò al Consorzio delle cooperative, che aveva sede presso la Camera del lavoro. Qui conobbe esponenti del sindacalismo rivoluzionario, ma ciò non incrinò la sua adesione alla corrente riformista del PSI, in rappresentanza del quale venne eletto al Consiglio provinciale. Nell'agosto '22 prese parte alla difesa dell'Oltretorrente contro le squadre fasciste di Italo Balbo, definito dai suoi avversari “l'ingegnere delle barricate”.
Dopo l'avvento del fascismo, Ferrari proseguì l'attività politica. Nel 1931, in contatto con alcuni esponenti di Giustizia e Libertà, fu sottoposto a stretta vigilanza della polizia. Il 13 dicembre, per sottrarsi all'arresto, espatriò con la famiglia in Francia, a Tolosa, dove era attivo un gruppo di esuli socialisti. Fece ritorno a casa alla fine del '36, svolgendo un paziente lavoro di coordinamento tra gli antifascisti locali di diverse correnti politiche e stabilendo stretti rapporti con esponenti comunisti, tra i quali Dante Gorreri, Luigi Porcari, Umberto Ilariuzzi e Vittorio Barbieri. Si occupò anche del Soccorso rosso, poi nel '42 aderì al partito comunista, perché profondeva maggiore impegno nella lotta antifascista.
Nello stesso anno, Ferrari venne richiamato alle armi, in servizio presso lo stabilimento Innocenti di Milano, adibito alla produzione di proiettili. Dopo la caduta del fascismo collaborò nel tessere le file dell'organizzazione clandestina milanese. Rientrato a Parma, nella notte dell'8 settembre, mentre le truppe tedesche si apprestavano a entrare in città, prese parte alla riunione di villa Braga, nella quale furono gettate le basi per organizzare la Resistenza. Gli venne affidato il compito di perlustrare le zone di montagna e disegnare la mappa delle basi operative per la guerriglia. Il 15 ottobre partecipò alla costituzione del CLN di Parma, sostenendo l'opportunità di sferrare un attacco immediato ai nazifascisti e incontrando l'opposizione di socialisti, azionisti, repubblicani e democristiani che ritenevano prematuro il ricorso alle armi. Ferrari fu poi designato come membro del triumvirato militare per l'impostazione della lotta armata, mentre il figlio Brunetto, medico, già si era impegnato nel radunare i primi partigiani al Bosco di Corniglio. Il 17 ottobre 1944, nel corso di un attacco tedesco al comando unico partigiano del Parmense, a Bosco di Corniglio, caddero uccisi il comandante Giacomo di Crollalanza e altri cinque capi partigiani. Ferrari, col nome di battaglia “Arta”, divenne quindi comandante unico dell'Ovest-Cisa. Un mese dopo il figlio Brunetto, vicecommissario politico della XLVII brigata Garibaldi, fu ucciso in un agguato nazifascista a Ponte di Lugagnano.
Dopo la Liberazione, Giacomo Ferrari fu prefetto di Parma fino all'aprile '46, poi venne eletto all'Assemblea Costituente ed entrò nel secondo e terzo governo De Gasperi come ministro dei Trasporti. Senatore nel 1948 e poi ancora nel 1963 e 1968, fu sindaco della sua città dal '51 al '63, contribuendo notevolmente al suo sviluppo. Negli ultimi anni vi ricoprì incarichi direttivi nell'associazionismo partigiano, nel Consorzio di lavoro e produzione provinciale, si impegnò per la costruzione dell'autostrada della Cisa e fu il primo presidente dell'Istituto di studi verdiani.