Giacomo Perlasca
Frequentava la facoltà di ingegneria elettrotecnica presso il Politecnico di Milano quando, chiamato alle armi, divenne sottotenente di artiglieria. Sorpreso dall'armistizio, Giacomo Perlasca passò subito nelle file della Resistenza, militando nelle Brigate cattoliche. Con il nome di battaglia di "Capitano Zenit", organizzò le prime formazioni partigiane in Valle Sabbia. La sua lotta contro fascisti e tedeschi non durò a lungo: Perlasca, nel febbraio del 1944, fu catturato con i partigiani Lunardi, Tita e Bettinzoli. Portato a Brescia e processato, il "Capitano Zenit" fu condannato a morte e fucilato nella caserma del 3° Reggimento Artiglieria. Il nome del giovane ufficiale partigiano fu poi assunto da una Brigata delle Fiamme Verdi che, forte di 280 uomini, operò in Valle Sabbia e in Valle Trompia sino alla liberazione. Sul Ribelle, giornale clandestino delle Fiamme Verdi, Teresio Olivelli scrisse di Perlasca: "Pensando a Te sentiamo che l'Italia rinasce [... ] non nei reparti arruolati con la minaccia del piombo o con l'incentivo del denaro, ma sulle fosse insanguinate di quanti, come Te, hanno dato opera e vita per una patria libera da stranieri e da tiranni, pura nella sua povertà, grande nello spirito dei suoi figli".